Regia di Andrew Douglas vedi scheda film
Alle 3.15 del 13 novembre 1974, Ronald, figlio maggiore dei DeFeo, domiciliati a High Hopes, Long Island, sterminò i suoi a fucilate nel sonno. In tribunale disse di essere stato guidato dalle voci ossessionanti della casa. In questo corretto remake, a trent’anni da quel raccapricciante evento (tratto da una storia vera) le fondamenta, le travi, le finestre, i soffitti di quella dimora coloniale continuano a grondare sangue. Dopo un veloce prologo che riassume quell’eccidio, l’azione corre a un anno dopo, quando la famiglia Lutz (lui, lei e i tre bambini di lei), si insediano a High Hopes, stupiti dal suo basso costo e ignari della maledizione che la opprime. Sono, soprattutto per il capofamiglia, ventotto giorni di inferno. Reale. Il sogno americano del possesso della casa, (costruita su una missione di indiani: citazione da Poltergeist?) inciampa nel maligno implacabile e potente, e la violenza del passato riemerge a tormentare i vivi. Perché se non sono le case ad uccidere le persone, non si può neanche fuggire dai propri problemi. Tanti momenti di tensione e paura, un uso calibrato ma efficace degli effetti, un bel cameo sacerdotale di Philip Baker Hall (nell’originale c’era Rod Steiger), un finale rapido e sospeso.
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