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Amityville Horror

Regia di Andrew Douglas vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Amityville Horror

di arkin
8 stelle

Accettare di vivere in una casa dove è stata massacrata una famiglia. Quante persone sane di mente lo farebbero? Perché di norma, o almeno in molti film odierni, i protagonisti scoprono di abitare in un antro maledetto solo dopo averci messo piede, o perché qualcuno prima o poi glielo dice. Non ci entrano di propria volontà, dopo un avvertimento grande come un insegna a neon che dice "non farlo". E se potremmo storcere il naso davanti alla cosa, tutt'altro significato assume se cominciamo a guardare sotto le righe: "The Amtyville horror", remake intelligente dell'originale, si permette di dare un significato alla possessione di cui è vittima la famiglia che ne è protagonista, e cioè crea una sorta di sotto-trama nascosta in quella più evidente del film horror: quello che succede ai protagonisti, madre e tre figli con nuovo marito appena aggiunto al quartetto dopo la morte del primo marito, è una "messa alla prova" del loro sogno americano di famiglia felice, con una bella casetta, il cagnolino, le mille stanze, la rimessa per le barche...e magari un'ipoteca per potersi permettere di "vivere il sogno", senza aver fatto i conti con il proprio passato, composto di demoni dai mille volti. Andrew Douglas, infatti, non parla solo di una casa stregata e di un malvagio fantasma fanatico(che per una volta è un prete che intendeva "epurare" dei poveri nativi, che vedeva come demoni da uccidere) pronto ad insidiare la mente di George. Parla dell'arrivo di un estraneo all'interno di una famiglia rotta, distrutta dal lutto, ed inconsapevolmente portata alla disgregazione da esso(da qui, il senso simbolico dell'entrare volontariamente in una "casa bella esteriormente ma internamente malata"). Parla di equilibri instabili che cercano di stabilirsi, e si rompono. Il sotterraneo significato dei "fantasmi" che distruggono la famiglia è fatto di questo: c'è una bambina che viene spinta ad atteggiamenti suicidari da uno spettro morto infantile(ma è reale il suo desiderio di raggiungere il padre nell'aldilà), c'è un ragazzino, il più grande, che ha conosciuto bene il genitore defunto e ha assunto il ruolo di "protettore della madre" e di "difesa della memoria del padre", il cui rapporto provocatorio/conflittuale col nuovo "padre" viene portato all'estremo(la sequenza della legna), c'è il piccolo di casa che è inizialmente l'unico ad avvicinarsi a George, perché non ha conosciuto altro genitore maschile(ed infatti è il meno colpito dalla vicenda). E poi Cat, la madre che deve cercare di mettere insieme una nuova famiglia, i tre figli traumatizzati ed il nuovo compagno, tirata avanti ed indietro, in un continuo tira e molla, tra il passato e la memoria di ciò che era, ed il desiderio di creare qualcosa di nuovo, proprio come George, quello su cui paradossalmente ricade la situazione più difficile, è "l'estraneo" che non sa cosa fare: acconsente senza volere a comprare una casa che non può permettersi perchè "questo è il sogno della moglie"(una moglie con tre figli non suoi, che hanno bisogno di camere e spazio, e pure un cane), è quello che non può sgridare od imporre regole in quanto "non padre", e non può nemmeno consolare o partecipare del dolore dei 4 che ha "sposato", in quanto estraneo alla cosa. E' quello che deve sentir dire alle sue spalle "che con lui non sarà mai come col primo marito" dalle labbra della moglie. Che alla fine si ritrova a dormire...in cantina. E quando tutto questo inizia ad esplodere e ad affiorare, la casa del "sogno americano" fa uscire i suoi fantasmi, mostrando le sue fondamenta sporche di sangue, sotto all'apparenza immacolata. Probabilmente non è casuale, il fatto di scegliere come "genesi" della possessione di Amtyville, la storia di un prete assassino che uccideva nativi dietro alle "pareti linde" di una missione riformatrice(come forse non è casuale che il prete chiamato se la dia a gambe, segno forse che non può affrontare i fantasmi di predecessori tanto criminali). Simbolo di quanto "sporche" siano le radici dell'"American dream", sotto a molti punti di vista. 

Ma anche senza il possibile sottotrama che ho esposto, il film rimane comunque buono: una bella sequenza iniziale(con l'alternarsi di luce e buio dietro all'omicidio), un estenuante discesa nella nevrosi assassina dei 28 giorni ad Amtivylle...fino al finale asciutto. Senza eccessi di effetti speciali, e senza proposte "moraliste". Con un ricongiungersi della famiglia che è il simbolo dell'aver superato le proposte semplificatrici del "sogno americano", ed aver abbracciato un passato che è fatto anche di oscurità, rifiuto, rabbia repressa e frustrazione.

Buono il cast: Melissa George è carina, e recita con partecipazione, e i tre bambini fanno bene la loro parte(c'è anche una giovanissima Moretz). 

Quanto a Ryan Reynolds, che per metà del film vediamo senza camicia(forse per aumentare lo share tra il pubblico femminile, anche se rimarrebbe da domandarsi quanto sia credibile un fisico così palestrato/tornito in un uomo normale degli anni 70'), è indubbio come il neo-divo non abbia mai avuto pretese da "grande attore", confinandosi per lo più in action e commedie. Tuttavia, in quello che forse è uno dei suoi ruoli "seri" migliori, in "The captive"(ma anche in quel gioiellino che è "The voices") ha dimostrato, di recente, una certa predisposizione per recitare personaggi nevrotici o rabbiosi. Qui, per quanto la sua performance sia abbastanza piatta, è comunque idoneo al ruolo, soprattutto per quanto riguarda le scene in cui prevale la componente fisica .

In definitiva più che sufficiente; ma lo sforzo di creare qualcosa di almeno un poco complesso in un territorio oggigiorno arido(il cinema di paura mainstream) è lodevole. Quindi, mi permetto di aggiungere "una stella" al tentativo, e dire buono.

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