Regia di Phil Karlson vedi scheda film
Eddie Rico ha fatto parte dell’organizzazione criminale di Sid Kubik. Il suo ruolo era quello del contabile, non si è mai sporcato le mani con la polvere da sparo e questo è bastato a far tacere la propria coscienza. Ora vive in Florida, non conta più banconote insanguinate, gestisce con successo un’azienda pulita ed è sposato con una donna che cerca soltanto una tranquillità familiare. I fratelli di Eddie, Nick e Johnny sono ancora sotto l’egida di Kubik, che li utilizza come manovalanza armata. Ma quando Nick e Johnny scompaiono, Eddie viene risucchiato nel vortice criminale da Kubik, che pretende che egli rintracci i fratelli. Kubik ha un debito di riconoscenza nei confronti della famiglia Rico, la madre gli ha salvato la vita, frapponendosi tra lui e una pallottola, e questo basta a Eddie per non dubitare della buona fede del criminale.
E’ questo l’incipit del romanzo di Simenon che Karlson traduce sullo schermo rileggendo i meccanismi del dramma criminale attraverso gli stilemi del noir. Ne scaturisce una pellicola che tiene sulle corde nonostante in primo piano non si consumi neppure un omicidio. Al centro della vicenda un personaggio ottuso, inconsapevole carnefice di un’organizzazione spietata quanto tentacolare. Dalton Trumbo, non accreditato, firma una sceneggiatura a orologeria e Karlson la porta sullo schermo filmando sequenze tese, emotivamente forti e rende benissimo il dramma dell’attesa e l’impotenza di fronte all’ineluttabile.
Il punto debole rimane il finale, affrettato e consolatorio, che ha deluso i francesi per il tradimento di Simenon. Ma la stroncatura d’oltralpe è ingiustificata perché I fratelli Rico è un dramma ben costruito, ottimamente interpretato, privo di eroi ma grondante di cinema.
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