Regia di Glen Morgan vedi scheda film
Ennesimo remake proposto dalle major a stelle strisce, questa volta però di un’opera del 1971 semi-sconosciuta (almeno in Italia) intitolata “Willard e i Topi”. Già dalla premessa, l’operazione si presenta più interessante rispetto alle inutili riproposizioni di cult del genere; in quanto diretta a riscoprire una pellicola caduta nell’oblio.
Messo in scena dal debuttante Glen Morgan (“Black Christmas” e sceneggiatore di “Final Destination”, nonché attore in “Morte a 33 Giri”), che firma regia e sceneggiatura, questo “Willard il Paranoico” riesce a trasmettere un grosso senso di disagio e di tristezza nello spettatore (grazie a un paio di pennellate ultra ciniche). In altre parole, non è il classico orrore hollywoodiano, ma un qualcosa di più viscerale e malinconico quasi in stile Polanski (il riferimento va a “L’Inquilino del Terzo Piano”). Morgan non punta sulla tensione, ma intesse uno script che ruota attorno alle sfortunate vicissitudini del protagonista (Crispin Glover). Annichilito da una madre ossessiva e beffeggiato da un capo ufficio sensibile come una pietra (il sempre terribile R. Lee Ermey – l’indimenticabile sergente di “Full Metal Jacket), l’uomo stringe una profonda amicizia con un topolino bianco che lo porta a comprendere e interpretare il linguaggio dei topi.
Detto in questi termini potrebbe sembrare qualcosa di allegro, ma non è affatto così. Crispin Glover è perfetto nella sua interpretazione e trasmette quel senso di follia da cui finirà per esserne lentamente risucchiato.
Finale tristissimo, in totale contrasto con i classici happy end americani.
Ordinata e ben calibrata la regia, con Glen Morgan che ha il merito, a parte i primissimi minuti, di tenere sempre su discreti livelli l’attenzione del pubblico. Non ci sono sequenze particolarmente virtuose. L’apice lo si raggiunge nella sequenza che porta all’omicidio del capo ufficio (belle le riprese nell’ascensore).
Fuori luogo i titoli di apertura, che sarebbero stati adeguati solo per un’opera attinta dai fumetti.
A parte Crispin Glover, nel cast artistico fa un figurone anche Lee Erney (“Full Metal Jacket”, “Non aprite quella porta – remake”) sempre perfetto in ruoli sopra le righe. Completa il lotto Laura Helena Harring già ammirata in “Mullholland Drive” e qui un po’ sotto tono.
Presente qualche spruzzo gore, ma niente di eccezionale; tanto che il “senso di disgusto” viene trasmesso più dal fiume di topi che ricoprono gli attori che dalla componente ematica.
Bene gli effetti visivi, limitati solo allo stretto necessario.
Colonna sonora e fotografia più che sufficienti.
In definitiva un’opera, poco reclamizzata dai circuiti pubblicitari e credo poco fortunata al botteghino, che riesce a ritagliarsi un suo spazio e a incupire gli spettatori più sensibili. Atmosfera malata, cinismo e pessimismo allo stato puro. Visione consigliata. Voto: 7.5
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