Regia di Dario Argento vedi scheda film
Secondo film di Dario Argento, dopo il successo dell'anno precedente con L'uccello dalle piume di cristallo; l'atmosfera, la storia, le caratterizzazioni dei personaggi, la tensione, lo stile registico e lo sviluppo dell'intreccio delle due pellicole sono decisamente simili, anche se il primo prodotto pareva - oltre che più originale, per forza di cose - più compatto e scritto in maniera più convincente. L'idea di inserire gli studi e gli esperimenti genetici nella trama di questo Il gatto a nove code all'epoca poteva sicuramente sembrare all'avanguardia (meramente a livello di contenuti), ma visto quarant'anni dopo il film mostra a più riprese le corde proprio da questo punto di vista; d'altro canto il lavoro funziona molto bene da ogni altra prospettiva lo si consideri. Il casting è efficace, con l'inserimento di un paio di volti noti a livello internazionale come quelli degli americani Karl Malden e James Franciscus; inoltre troviamo Aldo Reggiani, Pier Paolo Capponi, Catherine Spaak e un piccolo ruolo per Ugo Fangareggi. Impressiona poi particolarmente la colonna sonora firmata da Ennio Morricone, davvero ben assestata; fra i vari momenti salienti e le scene madri della pellicola vale la pena di ricordare per lo meno lo splendido finale, con una scena di caduta libera girata magistralmente da Argento (e la chiusura su un effetto sonoro, a testimonianza della grande padronanza del medium-cinema da parte del regista). Subito di seguito Argento girerà Quattro mosche di velluto grigio, a chiudere la cosiddetta 'trilogia degli animali'. 6,5/10.
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