Regia di Luigi Comencini vedi scheda film
chi troppo vuole nulla stringe. i fratelli amedeo e ofelia devono riuscire a liberare tutti gli appartamenti dello stabile lasciato loro in eredità dal padre, per poterlo vendere e godersi i soldi(500.000.000 di lire cadauno) lontano l'uno dall'altra. entrambi scapoli e aggrappati a quella vecchia casona che sta cadendo a pezzi, fanno oramai parte di quelle mura ammuffite.
un pò come "IL GATTO" fa parte della crescita cinematografica di uno come me, nato nel 1971 e cresciuto a furia di questi classici della commedia italiana. sono quei film che non stancano mai(un pò come GIALLO NAPOLETANO). un pò perchè la sceneggiatura scava con poche linee e poche pose, anche i caratteri minori, rendendoli quindi veri e non figurine di passaggio fino alle prossime scene con i protagonisti. un pò perchè la commedia gialla italiana è stata un gustoso diversivo che cavava del buono sia dal divertimento delle situazioni comiche, sia dal brivido di momenti gialli che riuscivano anche a tenere col fiato sospeso, e affondavano ovviamente gli artigli nel gotico italico, mai abbandonato e prolifico grazie a set indimenticabili, come lo stabile dei due fratelli, nel pieno centro di roma.
cosa si nasconderà poi dietro quelle mura scrostate e cessi aggrappati ai muri esterni sugli stretti ballatoi?... dietro l'apparente tranquillità di inquilini che vivono in appartamenti enormi con affitti bloccati a decenni prima e che come nel caso di wanda, hanno ristrutturato a proprie spese, trasformando un tugurio in un attico affacciato a pochi passi dall'altare della patria, si nascondono i tanti vizi che si tengono ben nascosti dietro la rispettabilità di scuole e sestetti di musica classica.
roma è la bella urbe ricca di storia che si eleva su terrazzi da cui si osservano vedute mozza fiato e si tengono feste e festini, ma riserva sorprese di ciò che si agita sotterraneo e lontano dagli occhi di due fratelli avidi, per certi versi ingenui, che vogliono solamente andarsene, per inseguirsi fino alla fine del mondo solo per darsi fastidio.
nel labirintico palazzo, si celano tutti i vizi di cui gli italiani che affollano le strade (o le stanze del potere)di roma hanno bisogno. nulla di ciò che si può desiderare in cuor proprio, pare che in quell'anonimo caseggiato del centro, non possa essere soddisfatto.
e nella spasmodica ricerca dei due fratelli di liberarsi di quei fastidiosi inquilini, un poco alla volta, il marciume esce a viva forza, ignorato tra l'altro da un capitano di polizia stressato da anni dai due.
detto questo è quasi ovvio che ciò che interessa in un film come IL GATTO, non è tanto l'analisi appena fatta.
essa giace nella nostra mente come terreno fertile per costruire un buon film. condotta con mano sicura da comincini e capitanato da due mostri sacri come tognazzi e melato. poichè intanto che ci si sollazza le papille gustative eccitate della nostra mente, con un tognazzi che distrugge un pregiato violino in una trappola per volpi, adagiata sul terrazzino dei coniugi musicisti, proprio in quel mentre la commedia si contamina felicemente con la storia gialla e l'indagine sociologica di una società allo sbando, ma perfettamente organizzata nella sua illegalità.
battute come quella messa in bocca ad un figurante, mentre tognazzi prende le misure sulla sagoma del gatto morto, "non ci si ferma davanti a niente", è ovviamente un parto dei tempi di piombo che stavano insanguinando l'italia.
IL GATTO è si un film ben ancorata agli anni settanta, ma la sua longa manus si protrae come un artiglio espressionista sulla roma di oggi, perchè roma è roma e non cambierà mai.
IL GATTO è un mirabile oggetto d'antiquariato che però si può usare, uso e consumo per gli occhi dei suoi spettatori, e non deve giacere in una teca, fermo e immobile.
IL GATTO deve essere mostrato come bene italiano che si potrebbe benissimo esportare anche ai giorni nostri, e non solo all'estero.
gli si vuol bene a prescindere poichè nulla al posto sbagliato e nel momento sbagliato. dai bigodini di tognazzi amorevolmente messi da sua sorella ofelia alle sopracciglia di dalila di lazzaro, una delle più meravigliose donne mai apparse sullo schermo, non disprezzabile come attrice.
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