Regia di Luigi Comencini vedi scheda film
"Il gatto" è il classico film che a tutto punta, tranne alla grandezza; è evidente che vuol restare piccolo, con le debolezze della sceneggiatura, che servono a rendere la comicità magari non più sottile, però sicuramente meno grassa e meno facile. Del gioco fa parte anche la scelta di relegare un attore del calibro di Philippe Leroy in un ruolo marginale, e ridurre due perle del cinema italiano, Ugo Tognazzi e Mariangela Melato, al rango di caratteristi. Il milieu della media borghesia dei condomini d'epoca non merita di più: la presunta dignità di casta è tutta racchiusa negli scheletri nascosti negli armadi e lasciati ad ammuffire tra intonaci scrostati e ringhiere arrugginite. Una storia di bassezze e poco nobili segreti non può certo avvalersi di un tono narrativo solenne e levigato: deve invece esprimersi con voce roca e stridula, attraverso un obiettivo opaco, chiazzato di sporco e umidità. In questo film Comencini ci porge la polvere e i calcinacci ammucchiati negli angoli degli appartamenti, intesi come rifugi per le coscienze non proprio immacolate, dove è meglio non andare a passare lo straccio e la ramazza. Ma se penoso è chi pecca, penoso è ancor di più chi cerca di fare pulizia; calunniando, ricattando e ficcando il naso negli affari altrui, i due protagonisti, tra voyeurismo, delazioni e pettegolezzi, diventano gli ignari precursori delle attuali modalità, mediatiche e invasive, di esercitare la giustizia.
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