Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film
Barcellona. Un serial killer si aggira per la città; le sue vittime sono sempre donne a cui l'assassino toglie l'occhio destro. La polizia brancola nel buio fino a che una ragazza di colore, prossima nella lista degli obiettivi dell'omicida, dà una svolta risolutiva ale indagini.
Dopo un decennio di apprendistato a suon di pellicole d'avventura da due soldi, Lenzi, dalla fine degli anni Sessanta, passa a girare ciò per cui è effettivamente portato: è la stagione del thriller all'italiana, seguendo i dettami del capofila del genere Dario Argento, e il Nostro si inserisce con ottimo slancio nel filone, dicendo la sua con pellicole di buon livello, purtroppo non sempre assecondate da un budget adeguato. Gatti rossi in un labirinto di vetro è l'ultimo film di questo stampo diretto da Lenzi, che ripiega anche su poliziesco e horror, altri generi a lui cari; che la coproduzione italo-spagnola sia modestissima si vede bene, ma il talento del regista riesce a valorizzare anche il poco che qui ha a disposizione. La sceneggiatura di Felix Tusell (la sua unica in assoluto), cui ha collaborato lo stesso Lenzi, è poco originale e cerca vaghi spunti psicologici francamente poco riusciti, così come il cast non sfoggia nomi di eccessivo rilievo (Martin Brochard, Raf Baldassarre, John Richardson, Andres Mejuto e Daniele Vargas sono i principali); a fronte di così scarsa materia prima, il regista assembla comunque un piacevole congegno intriso di tensione, nobilitato da una piacevole colonna sonora di Bruno Nicolai. In quello stesso 1974 Lenzi girava anche Milano odia: la polizia non può sparare, risultato decisamente migliore e anticipazione di quanto negli anni immediatamente successivi il regista saprà fare con una manciata di affini poliziotteschi. 4/10.
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