Regia di Richard Brooks vedi scheda film
Non c'è nulla di peggio dello sciacallaggio familiare, specialmente quando si tinge di un provincialismo kitsch e palesemente ipocrita, tra venalità ed ambizioni meschine. Tanto vale allora chiamarsi fuori, con una gamba rotta ed un bicchiere di whisky in mano. Meglio del cinismo sociale è una solitaria apatia, meglio della finzione con secondi fini è una sana, individualistica illusione, da coltivare in silenzio e rimanendo in disparte. Il rapporto tra Brick, ex campione fallito e alcolizzato, e la sua donna, bellissima ma distante, fa da contraltare nichilista al pragmatismo esasperato, e perfino un po' volgare, che caratterizza il matrimonio di suo fratello Gooper, dotato di una moglie iperattiva, arrivista, e straordinariamente prolifica. Più realista è forse chi si rifugia nell'ombra di un sogno irrealizzabile, rassegnandosi alla sua impossibilità, o dietro la cortina di un incubo, essendo certo della sua irrimediabilità, rispetto a chi si accanisce inutilmente per piantare sulla terra i propri capricciosi castelli in aria, oppure fa scioccamente buon viso a cattivo gioco. Il terzo incomodo, tra l'onestà che sceglie di tacere, e la menzogna che si circonda di chiasso, è la Verità: è lei, nella persona di Maggie, "la gatta sul tetto che scotta", che rabbiosamente saltella su un terreno ostile, alla disperata ricerca di un punto freddo in cui attecchire. Rovente è l'animo umano quando è in tumulto, in preda a sentimenti profondi o a superficiali affanni; il clima allora è del tutto sfavorevole al pensiero razionale, senza il quale non si può instaurare un rapporto equilibrato con il mondo. Questo dramma di Tennessee Williams è un gioco a nascondino intorno a quella grande messinscena che è la vita, in cui il più delle volte siamo e diciamo ciò che vogliamo (far) credere, senza accorgerci che ciò non ci assicura la gloria, né ci tutela dall'abisso.
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