Regia di Harmony Korine vedi scheda film
La vita in un villaggio devastato dopo un uragano. Stralci di vita così come possono capitarti, vagando per strada, le persone presentate, stanno a casaccio in momenti della loro vita insignificante capace però di creare un’idea per chi guarda. Il ritratto della società in un film che, con la scusa della calamità, sfoggia tutto ciò che dalle persone non ci aspetteremmo, solidarietà e robe simili restano a casa loro perché sono i desideri inconsci, ciò che avremmo voluto fare tutta la vita, ciò a cui ci si spinge ormai liberi, ciò che ci si permette, i riguardi che ci si risparmia, un ritratto non proprio piacevole. Tutte le regole cinematografiche si scombinano, nessuna apparente morale, nessuna trama, nessun finale, nessun protagonista, nessuno straccio di umanità o bontà in ciò che accade o si dice, le semplici e folli persone che, persa la propria culla, si comportano per quello che sono. Film dove la brutalità è fatta intendere, palesata ma non mostrata, tutto è raccontato dai protagonisti schietti, incuranti di tutto immersi in un ambiente ormai lasciato a sé stesso. Film dove è importante ascoltare perché, più che lo squallore, i personaggi espongono ritratti molto personali in base alla storia espletata e all’atteggiamento, c’è chi dà sfogo alla propria follia, chi è rassegnato lasciandosi trascinare dagli eventi, chi sopravvive disperatamente come può, chi si trasforma in un mostro. Film forse troppo trasgressivo, più esauriente sarebbe l’aggettivo sgradevole, situazioni assurde ed eventi al limite del voltastomaco si aggiungono a racconti vari ed orrendi. Un film insulso che però prende senso se posto come il documentario cui tende ad assomigliare, così tutti i frammenti e i cenni, più che una storia, descrivono un ambiente, un universo parallelo di Peanuts assetati di violenza ed immoralità tra i vari colori accesi e gli ambienti scarni.
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