Regia di Peter Jackson vedi scheda film
Non ho mai sopportato i remake (nel migliore dei casi li trovo inutili) e anche di questa interminabile (ben tre ore!) pellicola di Peter Jackson non so bene cosa pensare. La potenza espressiva del regista neozelandese è indubbia, il suo omaggio al capolavoro del 1933 è sincero ed il suo tentativo di umanizzazione della bestia è molto ben riuscito: ciò nonostante il suo film non è esente da difetti. La pellicola è scissa in tre parti ben distinte di un’ora circa ciascuna: la prima è quella più ironica e serve ad introdurre i personaggi, la storia e la sua collocazione nella New York della Grande Depressione; la seconda, ambientata sull’isola del teschio, è quella più spettacolare, con profusione di combattimenti e abbondanza di mostri e dinosauri (a tratti sembra di essere al Jurassic Park, in altri nei film horror splatter tanto amati dal regista neozelandese), ma qui, probabilmente, Peter Jackson calca troppo la mano e l’effetto è quello troppo irreale ed artificiale di un videogioco dilatato all’eccesso; la terza parte è quella struggente, con la celeberrima ascesa all’Empire State Building, a tratti commovente ma troppo lunga e un po’ sfilacciata, con i personaggi umani che vengono abbandonati per strada per concentrarsi sugli occhioni (un po’ invasati) di Naomi Watts sgranati sul suo tenero bestione. Insomma: King Kong di Peter Jackson è un’opera notevole, ma non priva di difetti ed affetta da una durata fin troppo estesa. La sovrabbondanza di effetti speciali, sia pur inevitabile, non sorprende granché (ormai ne abbiamo visti fin troppi) e genera ben presto saturazione, trasformando il film in un giocattolo. Il cast non è strepitoso: di Naomi Watts ho già detto, poche battute e tanti (troppi?) sguardi a bocca aperta, Adrien Brody è bravissimo come sempre ma un po’ sprecato in un ruolo che va spegnendosi progressivamente d’importanza, Jack Black è semplicemente fuori parte. Non saprei cos’altro aggiungere e scelgo un voto ecumenico: sufficiente.
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