Regia di Peter Jackson vedi scheda film
Né il pelo, né il vizio. Mr. Peter Jackson continua a non perderne. Proprio come King Kong.
Conserva la passione per opere grandiose nelle quali rivivono epici “ritorni” (prima “the King” e adesso “the Kong” ) e soprattutto sorprende, di nuovo.
Imprese, le sue, che appaiono ancora più grandi dato che il suo primo capolavoro, Il Signore degli anelli, è tratto da un romanzo noto da mezzo secolo e l’ultima fatica, King Kong, è uno dei film-cardine della storia del cinema (questo è il secondo remake ).
E riesce a sorprendere, ancora.
Sembra incredibile, ma tre ore di corposissimo (e molto peloso) film si possono riassumere in una parola sola: GRANDE.
Grande in tutto: nelle forme, nei colori, negli interpreti. Grande e profonda come la voragine di emozione chi si apre inesorabile nello spettatore sbalordito.
Evidentemente Jackson sentiva il bisogno di riportare sullo schermo quella “bestia” che solo oggi, con questa tecnologia onnipotente, poteva davvero prendere vita; far paura e amare…ancora.
Prima della bestia digitale però, nella prima ora del film i protagonisti sono veri e molto bravi.
Avventurieri inconsapevoli quelli della “Compagnia del Battello” che viaggiano verso l’innominabile Isola del Teschio, rassicurante luogo che si rivelerà essere la tana del “Re”.
A bordo uno staff di disperati e “depressi”(siamo negli anni 30) in cerca di fortune cinematografiche: un cinico e appassionato regista ( l’istrionico Jack Black); un romantico ed ispirato scrittore (il sempre profondo Adrien Brody) e Lei, la bella attrice ( ed anche brava Naomi Watts) che, così si dirà, “ucciderà la Bestia che è in Kong”.
Il resto della ciurma poi non sarà solo un anonimo contorno.
Una volta sull’ isola, con scene al limite dell’ horror, l’equipaggio viene attaccato da oscuri Gollum indigeni adoratori del Re, indubbiamente non abituati a ricevere ospiti tanto da ucciderne parecchi e decidere di rapirne uno per porlo in sacrificio allo scimmione.
Il resto è storia sin troppo nota.
Sarà tra nebbia, stupore ed alberi che il tanto atteso King Kong farà la sua dirompente comparsa. Eccolo! Fa paura, è grande, arrabbiato, violento, ma basteranno una bionda chioma e occhi sinceri a domarlo.
Con coinvolgente maestria Jackson riesce a trasportarci sulla folta epidermide gorilla e farci visitare ogni filo d’erba e zampa animale della diabolica isola abitata da creature jurassiche (con evidenti omaggi alle pellicole di Spielberg).
Tra le tante, memorabile la scena di lotta cruenta tra King Kong e tre tirannosauri (o qualcosa che ci somiglia molto) che si perde in una maestosa orgia jurassica.
Visivamente perfetto, con effetti mai visti prima (gli occhi del primate sono costati 5 milioni di dollari a palpebra) si siede in prima fila per aggiudicarsi per lo meno gli Oscar “tecnici” (suono, fotografia, effetti). Narnia permettendo. Uniche pecche, un eccessiva autoreferenzialità ( troppi i rimandi scenografici alla Terra di Mezzo) e alcune scene al limite del ridicolo.
Ma fa parte del gioco.
Per fortuna King Kong non è solo un piacere per gli occhi; nonostante la bestia riempia lo schermo ad ogni verso feroce o nostalgico sguardo, il film và oltre l’evidente bellezza scenografica che rischiava di oscurare tutto il resto.
Ad accendere la luce saranno i profondi messaggi subliminali ( e non ) che si celano dietro la folta foresta e il traffico newyorkese.
Al di là dell’ improbabile quanto sincero e “naturale” rapporto tra la Bella e la Bestia, il tema principale della pellicola è quello del forte contrasto tra l’innata brutalità animale, che si chiama istinto e l’evitabile bestialità umana che si chiama cattiveria.
Gli uomini dunque ne escono sconfitti in quanto capaci di distruggere persino i loro sogni e la loro natura.
E l’immagine di King Kong che precipita tramortito tra i grattacieli di Manhattan è l’ eloquente simbolo dell’ ottusa e tutta bipede testardaggine di domare l’indomabile e di eliminare l’ incomprensibile.
Eppure, a volte basta uno sguardo sincero.
King Kong è finalmente tornato, Jackson, ora, deve ripartire e far vedere cosa è capace di fare senza le sue comunque abili e geniali mani su mouse e tastiera.
È sorprendentemente triste ammetterlo, ma anche il cinema che vive di pixel e milioni di dollari, talvolta riesce a colpire.
Non c’è da meravigliarsi quindi se qualcuno, uscendo dalla sala con gli occhi ancora colmi di esultanza visiva, si sia toccato il cuore sussurrando: “ Bellissimo…”
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