Regia di Sabiha Sumar vedi scheda film
Silenziose sono le acque, ferme e profonde, dei pozzi nei quali, nel 1947, furono annegate dai loro familiari tante giovani donne di religione sikh. La tragedia si svolse quando il Pakistan, la "terra dei puri", divenne uno stato indipendente, nella forma della repubblica islamica. A quel tempo si ebbe la migrazione della minoranza sikh del Pakistan verso l'India e, in senso inverso, dei musulmani residenti nel territorio indiano. Le giovani donne furono sacrificate per evitare che cadessero preda degli islamici.
La protagonista del film, Veero, è l'unica ragazza del villaggio che, in quel frangente, ha rifiutato di saltare dentro al pozzo. Trent'anni dopo, si chiama Ayesha, ha abbracciato la religione maomettana e, rimasta vedova, vive da sola con l'amato unico figlio Salim.
Questi, negli anni del potere del generale Zia-ul-Haq (il traditore di Ali Bhutto), si avvicina al fondamentalismo islamico, particolarmente accanito nell'avversione per i sikh. Il ragazzo perderà la testa ed il rispetto verso la madre, una volta scoperto che questa, per nascita, appartiene alla confessione religiosa "rivale". Ancora una volta, arriveranno a risolvere la situazione le acque silenziose del titolo.
È lampante la linea d'equilibrio (come nota anche su questo sito Emiliano Morreale) che la regista cerca tra il realismo empatico di Satyajit Ray e le sgargianterie della moderna Bollywood, con qualche tocco, a mio parere, di cinema europeo (per la prima parte mi è venuto in mente anche il giovane Kusturica di Dolly Bell e di Papà è in viaggio d'affari). Non sempre questa linea scorre diritta e senza intoppi, però si può riconoscere a Sabiha Sumar la capacità spettacolare di un film che si muove abilmente tra la spiegazione di logiche politiche e la descrizione di sussulti - in positivo e in negativo - dell'animo umano, offrendo momenti didascalici, parentesi umoristiche ed impennate liriche.
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