Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film
"Un garibaldino al convento", girato da De Sica prima dei capolavori neorealisti, è un buon film. E contiene anche insospettabili spunti di critica sociale e politica, tanto che qualcuno all'epoca si chiese come avesse potuto passare la censura fascista: nel '42 la guerra era già cominciata e stava andando male per l'Italia, ma il regime fascista era ancora ben saldo al potere. Senza voler accentuare questi elementi di critica sociale (in fondo il conte garibaldino è destinato alla marchesina, anziché alla borghese Caterinetta), rappresentati soprattutto dal governatore borbonico, pronto ad applaudire le imprese dei garibaldini, secondo un vecchio costume di trasformismo e gattopardismo congeniti alla classe dirigente della penisola (e nel caso specifico anche un po' d'arteriosclerosi), si deve apprezzare, nel terzo film di De Sica, l'ottimo mestiere dimostrato, condito da una dose d'ironia che non permette alla vicenda di scivolare nel patetico. E oltre a questo non devono essere trascurate le influenze - probabilmente non dichiarate - del cinema americano e in particolare, si potrebbe dire, di John Ford, rappresentate da quel finale in cui il Conte Amidei e il garibaldino in pectore Tiepolo combattono contro i soldati borbonici asserragliati dentro la baracca del giardiniere (cantando l'inno di Mameli come fosse Star Spangled Banner) e da quell'arrivano i nostri a cavallo mandati di gran carriera da Bixio. (30 novembre 2004)
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