Regia di Roberto Faenza vedi scheda film
Un imprenditore di mezza età vola in Inghilterra per riportare a casa suo figlio, diventato un hippy. L’uomo lo vuole alla guida della ditta di famiglia, ma il giovane davvero non ne vuole sapere. Quale soluzione migliore se non farlo adescare da una bella ragazza che, con un intrigo amoroso, lo riporterà all’ovile?
La prima regia di Roberto Faenza, classe 1943; una memorabile interpretazione del coetaneo Lino Capolicchio, poco più che esordiente; la partecipazione nel cast di attori del calibro di Gabriele Ferzetti, Claudine Auger, Leopoldo Trieste e Didi Perego; collaboratori tecnici pregevoli quali Ennio Morricone per la colonna sonora, Ruggero Mastroianni al montaggio e Luigi Kuveiller che si occupa della fotografia: era legittimo attendersi qualche cosa di più da questo Escalation? Sì. Senza ombra di dubbio. Il copione scritto dallo stesso regista parte da una situazione molto interessante: il conflitto intergenerazionale genitori-figli che, all’ombra del ’68, sconfina nei territori del conflitto di classe: borghesi vs. hippies, per essere più precisi; ma cosa rimane al termine della pellicola di tutto ciò? Poco o nulla, poiché Faenza sembra volersi esclusivamente divertire a sbeffeggiare tutti, senza prendere alcuna parte o fornire perlomeno un punto di vista soggettivo, una linea di pensiero sulla complessità dell’affresco sociale messo in scena qui. Date le premesse e dati gli argomenti, non ci si può accontentare soltanto di questo, per quanto Escalation rimanga un’opera briosa e godibile dal punto di vista della confezione – estremamente pop, naturalmente – e capace comunque di inquadrare con discreta precisione una situazione contemporaneamente in atto. L’escalation del titolo pare a ogni modo dare ragione alla logica capitalista e conservatrice, per quanto il film non faccia nulla per rendere simpatico il personaggio di Ferzetti (il padre industriale) e giri tutto attorno a quello di Capolicchio (il figlio fricchettone). 4/10.
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