Regia di John Farrow vedi scheda film
Considerato il precursore di tutti i “disaster-movie”, “Five Came Back” fu un low-budget girato con non poche difficoltà, in quanto durante la lavorazione superò presto i fondi che finanziavano l’operazione. Il plot parla di nove passeggeri, a bordo di un volo commerciale da Los Angeles a Panama City, i quali, a causa di un’impetuosa tempesta che danneggia irreparabilmente uno dei cilindri del gas, precipitano nella foresta amazzonica. Questa funesta calamità muta radicalmente il temperamento di tutti gli sciagurati viaggiatori, compreso l’anarchico estradato E Vasquez (Joseph Calleia), che, nelle fasi avanzate della storia, mostrerà un atteggiamento imprevedibile nei confronti del gruppo. Quando però dei dardi velenosi di un'arcana tribù primitiva attaccheranno i sopravvissuti dell’incidente aereo, la tensione e la disperazione ritormenteranno gli animi dei superstiti… Sebbene il film non abbia delle figure con psicologie particolarmente profonde, l’analisi e la trasformazione dei vari caratteri è piuttosto interessante. Nello specifico si possono ravvisare degli acuminati cambiamenti introspettivi che non solo fomentano dei beffardi ed intriganti risguardi del doloroso racconto, ma garantiscono pure una suspense ragguardevole negli stoici risvolti della seconda parte del lungometraggio. Lo spettatore così ha la possibilità di emanciparsi dagli schematismi imposti dai consueti stilemi dei drammi hollywoodiani e farsi un’idea più intima sul quadro, affrancandosi dalle banali convenzionalità legate agli stereotipi della società. Questa labilità di prospettiva si manifesta, ovviamente, verso i personaggi cardinali, ognuno dei quali, nella scrittura, è stato filtrato con dei tratti identificativi che ne esaltavano turpitudini e debolezze: Peggy Nolan (Lucille Ball), “la donna sciolta”, Alice Melhorne (Wendy Barrie), “la sposa innocente”, Crimp (John Carradine), “il detective affamato di soldi”, Joe Brooks (Kent Taylor), l’ambiguo co-pilota, e infine gli adorabili coniugi Spengler (C. Aubrey Smith e Elisabeth Risdon), che simboleggiano chiaramente saggezza ed autocontrollo. Un ricettacolo elaborato e tagliente in cui risiedono delle maschere dalle peculiarità ambivalenti, in grado quindi di entrare in empatia con l’astante e suscitare in esso impulsi di rancore, odio, scoramento. Il regista John Farrow redige un’alchimia fulgida e penetrante, compitata con zelo sia nei registri leggeri che in quelli al vetriolo. Lo show della RKO si rivela perciò una tragedia sferzante e narrativamente trascinante.
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