Regia di Wes Craven vedi scheda film
Dopo i primi dieci minuti, non appena la protagonista, Lisa, arriva al check in del volo notturno per Miami, in esasperante ritardo, Red Eye, il nuovo film di Wes Craven, assume un’inquietante configurazione narrativa, confermata dallo sviluppo successivo, in volo. Ma è non quella che ci si aspetta dall’autore: non un horror parodistico, e neppure un thriller psicologico, bensì uno degli innumerevoli, “telefonatissimi” sequel di Airport, con tanto di presentazione dei personaggi di contorno (alcuni dei quali decisamente stucchevoli), identificazione dei due protagonisti, senso di minaccia, pericolo dichiarato. Quel che è peggio è che Craven (con lo sceneggiatore Carl Ellsworth, al suo primo lungometraggio – e si sente) pare non ricordare che tra l’ultimo Airport (1980) e il suo film c’è stata la serie demente degli aerei più pazzi del mondo, più molti altri prodotti ben più interessanti su disastri aerei (da Eroe per caso a Fearless a Lost), più alcune tremende, autentiche catastrofi cadute dal cielo dei cui dirompenti effetti psicologici non si può non tener conto. Red Eye è fiacchissimo, sfiora il ridicolo nell’attentato al Segretario della sicurezza, diventa scontato nell’ultima sequenza “alla Craven”. C’è solo un elemento che fa davvero paura, e spiazza: la faccia di Cillian Murphy (Batman Begins, 28 giorni dopo), con quegli occhi di ghiaccio, impudente e pericoloso come il giovane Terence Stamp. Ma non basta a salvare il film.
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