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La fabbrica di cioccolato

Regia di Tim Burton vedi scheda film

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La recensione su La fabbrica di cioccolato

di scapigliato
8 stelle

Magie di Tim Burton. A chi è cresciuto con il mitico del 1970 “Willy Wonka e la Fabbrica di Cioccolato” il film con Gene Wilder rimarrà impagabile: croce e delizia di visioni zuccherine e un mix di immagini violente che ad una certa età sono impressionabili. Il film di Burton, il miglior genio visionario di questi due primi secoli di cinema, è l’ennesima conferma del talento di un uomo che con il cinema gioca a nascondere il reale tra le maglie impareggiabili ed universali (per non dire pure cosmiche) dell’irreale. La finzione, che nella sua accezione cinematografica rimane la più incisiva e popolare, è l’essenza della perdita intesa come condizione esistenziale dell’uomo di oggi. Senza la finzione saremmo tutti dei paletti di frassino impiantati in qualche vampiro, oppure saremmo solo delle semplici tavolette di cioccolata. E senza la perdita non saremmo uomini capaci di sognare, di ricordare con rabbia un tempo e un luogo che furono. Senza la perdita l’uomo non saprebbe trovare gli stimoli giusti per provare nuovamente. Tim Burton, nella sua ricca filmografia ci porta per mano in un territorio gustosamente “altro” dove i diversi diventano il tratto d’unione tra il bieco realismo e l’aspirata finzione, dove l’anima s’inclina verso un mondo malinconico che vorremmo ci fosse ancora, o forse che ci fosse per la prima volta. Non è difficile vedere in Willy Wonka quel Virginio che è Tim Burton, e che con un po’ di sana irriverenza ci porta in un altro mondo dove sentimenti e immaginario sono fatti della stessa polvere: quella leggera della leggerezza della vita.
Tessuto con effetti grandiosi che non rubano la scena all’anima del film, “Charlie ad the Chocolate Factory” sfoggia un Johnny Depp deliziosamente diabolico, eccentrico, ambiguo, a tratti maudit, che rimane il più impagabile personaggio del circo cinematografico di oggi. Johnny Depp personaggio e non attore, non è una blasfemia né una minimizzazione: è la potenza di un corpo che diventa immaginario collettivo, e per questo ci aiuta a vedere con gli occhi giusti il percorso narrativo del regista. Un percorso che parte dal fantasy per arrivare al dramma umano mascherato da favola. All’interno stesso di questo film vediamo più piani narrativi: la commedia nera a lui tanto cara, il fantasy appunto, il musical che spazia dal soul al pop al rock, fino al racconto dickensiano di cui “Charlie and…” è solo una lontana fotografia. Magistrale prova d’autore e grande prova di carattere per il mitico Johnny Depp e per un Christopher Lee padre triste. E poi quel nonno Joe…

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