Regia di Tim Story vedi scheda film
Come i tre moschettieri, che erano quattro, anche i Fantastici Quattro sono in realtà cinque, poiché, oltre al gruppo di supereroi, l'esposizione ai raggi cosmici ha creato anche il loro primo supernemico, Dr Doom. E, dato che sono tanti e tutti devono scoprire le rispettive caratteristiche, metà del film se ne va per presentarli, per poi lasciare al secondo tempo il topico superscontro con la nemesi.
Gli altri film dei supereroi, Marvel e non, si basano sulla rilettura moderna dei personaggi classici aggiornata ai giorni nostri, il film di Story, al contrario, si rifà direttamente alla versione degli anni '60. La revisione si attua su un altro piano.
Gli interpreti principali sono quasi tutti di estrazione televisiva (Dark Angel, The Shield, Nick/Tup, Streghe…) e il film stesso ha l'aria di un kolossal girato in economia, oppure di un costoso telefilm. Ma l'ingerenza della televisione invade anche le battute, mutuate addirittura da spot (lo slogan della Mastercard…), una certa univocità delle psicologie, e arriva ad informare anche la trama. Quello a cui assistiamo non è tanto la trasformazione di persone più o meno normali in supereroi quanto la loro metamorfosi in personaggi mediatici. La genesi del nome, la rivelazione al pubblico dei superpoteri viene sancita e sacralizzata dalla presenza delle telecamere che mutano i quattro sconosciuti in personalità famose, adulati dalla folla (e inseguiti per strada), complice l'assenza di identità segreta, cruccio e dilemma degli altri supereroi, i quali devono invece fare i conti con il rispettivo status civile oltre alle ovvie battaglie con i superantagonisti.
I due scienziati e i due piloti diventano pertanto dei personaggi pop, idoli cittadini caratterizzati dai singoli poteri - dai cui traggono il nome - e non da una personalità evidente (l'unico a cui è concessa una certa introspezione à La cosa, per ovvi problemi estetici). Ne è testimonianza l'accenno al merchandising con la creazione dei pupazzi con la loro effigie. Uno degli argomenti ribaditi nel film è l'assenza di fondi per la scienza (i debiti di Reed e Von Doom): l’ingerenza delle finanziarie nel campo della ricerche scientifiche, col fine di commercializzarne i risultati e i brevetti, è un succedaneo alla scarsità di fondi i cui effetti essenzialmente non si differenziano dalla visibilità offerta della mediatizzazione televisiva, da cui conseguono fama e denaro. Il finale del film, eliminato temporaneamente il cattivo di turno, vede infatti l'assunzione di irresponsabilità dei Fantastici Quattro e sigla la loro definitiva mutazione in personaggi pubblici (con tanto di sponsorizzazione e festa simil-hollywoodiana) di cui il "4" disegnato in cielo da La torcia è il nuovo logo, la mutuazione della serietà scientifica con la leggerezza dell'eroe popolare. Gli altri supereroi, oppressi dai superproblemi derivanti dalla responsabilità "sociale" di possedere i superpoteri, si muovono infatti in un ambito psicologicamente più elaborato. D'altra parte, rispetto agli altri film, l'accento è qui posto sulla comicità (e non sull'ironia), su cui far leva per rendere i Quattro simpaticamente scanzonati, con accenni scatologici tipici dell'ultima commedia americana (American Pie, i film con Stiller…), mentre l'ambito d'azione dei Fantastici Quattro Marvel era sostanzialmente escatologico, rappresentando essi stessi i quattro elementi fondanti del mondo (acqua, aria, fuoco, terra) e trovandosi a combattere con esseri pressoché divini per salvare l'umanità, se non l'intero universo.
Modernamente e con una certa coerenza, il film sembra sostenere che senza fama e il suo mezzo di trasmissione per eccellenza, la televisione, nulla possa esistere: in video veritas. E se la televisione crea il mondo, allora i Fantastici Quattro si muovono ancora in una sfera pressoché metafisica in cui l'universo rischia, nell'invisibilità catodica, l'estinzione.
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