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La terra dei morti viventi

Regia di George A. Romero vedi scheda film

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La recensione su La terra dei morti viventi

di scapigliato
8 stelle

Siamo lontani dal perturbante de "La Notte dei Morti Viventi". "Land of the Dead" di Romero è la naturale evoluzione del pensiero critico del suo autore che va a braccietto con l'involuzione del genere umano. Un'involuzione chiara e palese a chiunque abbia un po' di cervello, e non sia uno di quei "morti viventi" che si nutrono famelicamente di programmi tv, reality, videogiochi spersonalizzanti, e politica autodistruttiva. L'Horror è Ribellione, e nella via cinematografica romeriana diventa presa politica precisa. L'Horror utilizzato, giustamente, per sconcertare, disturbare e irriverire, più che spaventare. L'Horror fine a se stesso è un gran bello spettacolo, ma se riesce a veicolare sottotesti più o meno evidenti supera le barriere temporali e spaziali, travalica la cultura e gli abiti mentali della gente sparsa per il mondo, e diventa un viatico per una presa di posizine pesonale sulla vita e sul mondo.
Nei vent'anni che separano "La Terra" da "Il Giorno" molte cose sono cambiate, ma neanche più di tanto, infatti la base della critica sociale romeriana è la stessa dal '68. Fatto sta che la cosa più evidente che è cambiata è l'estetica cinematografica. Anche il bel film di Romero segue uno stile standardizzato, di facile visione, che permetterebbe a chiunque di seguirlo senza disturbare l'abitudine massificata a cui s'è abituato. La MDP segue movimenti fluidi, anche più fluidi dello standard recente (quello videoclipparo, o videogiocaro), tanto che si può parlare del Clint Eastwood dell'Horror. Ma nonostante una visibile mano autoriale, il film segue la prassi del linguaggio cinematografico comune. Lo stile è assente, se non viscerale in personaggi e contenuti. La forte dose di splatter funziona e molte idee sono davvero carine. Smembramenti e divorazioni varie sono ben fatte, ma patinate, e perdono la carica sovversiva del '68 e quella disturbante dell'85.
Nonostante un leggero accomodamento di Romero nello stile (che è comunque lieve) il suo ultimo capitolo rimane importante sia per ciò che ci dice, sia per il mito horror che rispolvera in una luce diversa. Infatti, seppur a me non sia piaciuto vedere i Dead che ragionano e s'organizzano, solo il loro papà poteva evolverli senza cadere nel banale. Tant'è che i Dead di questa sua ultima pellicola sono meno veloci di quelli di Danny Boyle e di Zack Snyder, che erano già una loro rivisitazione moderna, più rapida e veloce, più vorace come i nostri tempi, ma nella loro lentezza gli zombies di Romero portano la loro storia. Quella iniziata nel '68 e che è una storia politica e sociale. Vederli organizzati e provare sentimenti per i loro simili fa un po' specie, ma nella totalità il film sprigiona il suo perchè, e non lo si vuole più condannare per questo.
John Leguinzamo è stato il migliore. Dennis Hopper luciferino come da tempo non lo era. Asia Argento dava un tocco diverso che il cinema americano non ha, perchè è europea, italiana, e ha talento.

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