Regia di Stefano Calvagna vedi scheda film
E' il film d'esordio per Calvagna e già si ride di gusto (chiaramente non con lui). "Io accuso voi, mass media", esclama esplicitamente il regista/protagonista in una scena del finale, rendendo didascalico il messaggio già abbastanza palese del suo lavoro: viviamo in un mondo in 'overdose televisiva' (sempre dallo stesso, tragicomico monologo) ed abbiamo spento il cervello, disumanizzandoci, mostrando di aver perso la pietà. Molto buonismo, ma la storia - attenzione attenzione - poteva perfino essere di qualche interesse: Calvagna centra l'argomento, ma lo trasforma in trash-spettacolo (cioè l'esatto oggetto della sua invettiva finale!) e soprattutto devasta l'intero lavoro con una messa in scena bolsa, zoppicante, insignificante, rigurgitante di stereotipi ed a tratti perfino pretenziosa. Musiche onnipresenti di una specie di Daniele Groff destroide (in un brano cita esplicitamente un uomo condannato senza processo: il protagonista, certamente, ma data la provenienza del regista viene da pensare ad un 'sottilissimo' doppiosenso), camera a mano gestita con un perenne tremolio davvero preoccupante, dialoghi farciti di banalità ed un finale che assomiglia paurosamente ad una parodia demenziale. Ma che ovviamente non lo è: è Calvagna.
Un professore delle scuole medie viene accusato da una sua alunna, precoce e desiderosa di notorietà, di molestie sessuali. Per lui è l'inizio di un calvario, poichè attorno gli si aprirà il vuoto.
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