Regia di Uli Edel vedi scheda film
“Stai facendo la più grande stronzata della tua vita.”
Berlino Ovest, fine degli anni '70: Christiane (Natja Brunckhorst) è una ragazza di quasi quattordici anni che vive da sola con la madre separata da quando la sorella ha deciso di andare a vivere col padre, rimpiazzato presto dal nuovo compagno della mamma. Comincia, come la maggioranza dei giovani di Berlino, a frequentare il Sound, “la discoteca più moderna d'Europa”, dove conosce Detlef (Thomas Haustein), che diventa presto il suo ragazzo; cominciano così le prime scorribande notturne fra il Sound e il tetto della stazione di Berlin Zoologischer Garten, cioè dello zoo di Berlino: ma qual è lo zoo? Quello vero, degli animali, adiacente alla stazione o la stazione stessa, teatro all'aperto dei disagi di molti giovani tossicodipendenti, prostituitisi per raggranellare i soldi per drogarsi, abbandonati al loro destino?
Dopo aver assistito ad uno spettacolare concerto di David Bowie al Sound, Christiane inala per la prima volta eroina in compagnia del nuovo gruppo di “amici”, per poi spararsela in vena poco tempo dopo nonostante l'opposizione di Detlef, avvinghiato anche lui nella spirale dell'eroina e della prostituzione omosessuale. La discesa lungo il tunnel è iniziata ed ogni tentativo di disintossicazione si rivela velleitario...
“Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” è uscito nel 1981, sulla scia del successo del libro omonimo, nato dai racconti/interviste di Christiane Felscherinow, adolescente berlinese che, finita in galera con le accuse di spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti, è una testimone diretta di un mondo che ancora nessuno aveva voluto vedere: quello di ragazzi disperati, provenienti da famiglie indifferenti, soli, con la necessità di emergere e di appartenere ad un gruppo, anche se questo dovesse comportare una specie di rito iniziatico a base di eroina, droga a basso costo e dai devastanti effetti in termini di dipendenza fisica e psicologica. Non ho mai letto il libro, che fu una sorta di manifesto trent'anni fa e fece conoscere queste problematiche in maniera più diffusa, ma il film si prepone gli stessi obiettivi, incentrandosi sulla terribile deriva dei ragazzi e accennando solamente il loro background e la disintossicazione: a tale scopo la regia di Uli Edel è quasi documentaristica e non concede niente all'immaginazione, andando a mostrare con grande veridicità la preparazione della droga, i dialoghi vacui e stonati, le iniezioni in vena e, soprattutto, gli effetti drammatici dell'astinenza da eroina, in particolar modo in una scena dove Christiane e Detlef sembrano implodere, afflitti da tremendi dolori che straziano la loro gracile ossatura da ragazzetti.
Ambientato in una Berlino quanto mai grigia e infernale, “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” alterna pregi e difetti: già detto del nobile scopo della diffusione di un documento così crudo, realistico e non strumentale e della grande precisione nel delineare lo spaccato sociale in questione, il film è impreziosito dalla colonna sonora del Duca Bianco del glam David Bowie, icona di quegli anni, e dalla applicazione nel tratteggiare l'odissea di Christiane da parte di Natja Brunckhorst, l'unica del cast ad aver in seguito tentato la via della recitazione; per contro, gli altri ragazzi non risultano convincenti, la narrazione è un po' schematica e saltatoria, con un finale tirato via e perentorio, che giunge a salvare Christiane quando questa sembrava più sola che mai e impossibilitata a risalire la china.
L'intero progetto, dall'intento chiaro e didascalico, resta comunque un lavoro importante e sincero, che deve aver portato una generazione fa un senso di consapevolezza con un realismo mai visto prima ed esponenzialmente più efficace di qualsiasi canzonetta proibizionista. Purtroppo, sono restati anche i problemi della vera Christiane Felscherinow: nonostante si fosse spostata ad Amburgo ed abbia avuto un bambino, sembra che i suoi problemi con le dipendenze non siano tuttora finiti, a cinquant'anni. Questo è il vero finale.
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