Regia di Robert Wiene vedi scheda film
“Quanto ho da vivere?” “Fino all’alba di domani”: la domanda che molti vorrebbero fare, la risposta che nessuno vorrebbe ricevere. Ma conoscere il futuro non significa necessariamente poterlo cambiare: sembra il destino dell’espressionismo tedesco, sviluppatosi in poco più di un decennio di tregua fra due orrori (la grande guerra e il nazismo) e dotato di una spaventosa quanto inutile chiaroveggenza. Certo Caligari non è Hitler, e sarebbe riduttivo appiattirsi su una sua interpretazione politica (che comunque in fondo era quella originaria, dato che i due sceneggiatori prendevano di mira la disciplina militare prussiana e i suoi effetti spersonalizzanti); però si muove in un mondo stravolto e angosciante, disegnato da indimenticabili scenografie sbilenche, e nel quale sembra coagularsi tutto il male dell’universo. La cornice razionalizza e annacqua, perché si sa che il genere umano non può sopportare troppa realtà; resta però fino alla fine un’ambiguità inquietante, perché dopo l’ultima frase del medico (“Ho capito la causa della sua malattia, ora lo potrò curare”), accompagnata da un sorriso sinistro, non sappiamo più se abbiamo assistito alla storia di un mostro o al delirio di un pazzo.
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