Regia di Stephen T. Kay vedi scheda film
Il cosiddetto Uomo Nero. Presto o tardi tutti i bambini del mondo sono chiamati ad affrontarlo. È la loro paura dell’ignoto: pensi che si materializzi nell’armadio e invece te la porti dentro. Fino a quando non capisci che basta accendere la luce per farla sparire. Al piccolo Tim, però, non va così bene. Nonostante la lampadina sia accesa, il “Boogeyman” nella cabina-armadio si prende suo padre, lo sbatacchia un po’ e infine se lo mangia. Quindici anni dopo, all’indomani della morte della madre, Tim decide di tornare nella casa dove avvenne il fattaccio per sconfiggere una volta per tutte l’angoscia che ancora non si è scrollato di dosso. Prodotto da Sam Raimi, sbarca sui nostri schermi questo horror balneare (nel senso che è il tipico prodotto da distribuzione estiva) non particolarmente esaltante ma neanche da buttare. Se ci si accontenta di un paio di colpi nello stomaco ben assestati (la sequenza del prologo e quella dell’armadio con le grucce artiglianti sono belle), il divertimento è assicurato. Se invece si vuole fare i sofisti allora sì; la materializzazione a effetto del Boogeyman, creatura digitale, è francamente ridicola. E l’accumulo delle situazioni appesantisce una storia che bastava così com’era: semplice e lineare come il brutto sogno di un bambino.
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