Regia di Luchino Visconti vedi scheda film
Considerato da molti il film minore di tutta la filmografia viscontiana(quando più evidentemente è un altro), piuttosto non lo si è mai potuto vedere bene, per lunghi anni proprio sepolto alla visione fino a che Rete37 non lo mise in onda nel 1993, assieme ad altri titoli acquisiti dal magazzino Warner(che ne deteneva i diritti, però non nel suo corretto formato cinematografico e scannato), oltre che in mediocre qualità video. Che poi fu più o meno lo stesso master del dvd pubblicato "bootleg" nel 2017 all'interno della collana viscontiana pubblicata dal gruppo GEDI/La Repubblica, figuriamoci.
Adesso, pure restaurato nel 1999 dallo stesso Rotunno per Cinecittà, grazie al recente BD spagnolo e anch'esso quindi bootleg, dal titolo "El Extranjero''", lo possiamo finalmente e dopo oltre 55 anni vedere nel formato panoramico, e in qualità video del dettaglio 1080p upscalato.
Opera che nonostante la firma registica di tal vaglia era a quanto pare mal considerata dallo stesso Luchino, vuoi anche perché fu un fallimento di pubblico per le produzioni Dino De Laurentiis, vuoi forse perché gli autori stessi non sono spesso i migliori giudici della propria opera, e pure in questo caso può darsi sia accaduta la solita cosa.
Eppure, non manca- e che già da sola potrebbe valere un intero film e non è da "medio" regista-, anche un momento veramente straordinario, che riesce con vigore e intensità a restituire la certo non facile pagina scritta di Camùs, trasponendola per narrazione cinematografica: il confronto prima dell'esecuzione tra il cappellano Bruno Cremer e il condannato alla ghigliottina Mastroianni, in un superbo monologo esistenzialista, individualistico, libero e contro ogni convenzione compromissoria del vivere, anti religioso e di pura recitazione di razza, che invece è spesso stata detratta del Marcello nazionale(maggiormente adatto invece secondo me per questo specifico ruolo con il suo aspetto più "medio", e meno "mangia film", del designato Delon) nella parte di Arthur Mersault, con l'appoggio ottimo dello stesso Cremer, unici due attori nella tenebrosa cella del carcere in attesa del momento definitivo.
Così come degno di menzione è lo sguardo in macchina del rassegnato come nella sua intera esistenza terrena precedente, ma anche rabbioso e richiamante la rabbia come valvola di giustificazione di una intera esistenza per la sua esecuzione in pubblica piazza; ovvero lo sguardo in macchina del distrutto Mersault.
Per i cultori del cinema e del periodo cinematografico italiano in questione, segnatamente quello francese per la quota co-produttiva, stupendo il cast di supporto da Georges Wilson a Jacques Herlin, il malavitoso ma corretto e sinceramente amico George Géret, il volenteroso e onesto, ma inefficace e impossibilitato nella sua opera avvocato difensore di Bernard Blier, oltre che la piccola impagabile parte di Mimmo Palmara.
Corretta e attraente ricostruzione della Algeri dei quartieri bianchi francesi del 1936, in un mondo senza aria condizionata nonostante l'estrema calura del tribunale, e grazie, con la collaborazione d'opera del ddf Giuseppe Rotunno, e scenografi del nome di Mario Garbuglia.
Un pò sottotono le musiche di Piero Piccioni e dirette da Bruno Nicolai, ma forse per scelta diretta di non sottolineare troppo le già potenti e con il rischio di sentenziosità, pagine letterarie del romanzo, a cui il film si attiene con fedele aderenza.
Stupenda e luminosa Anna Karina.
John Nada
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