Regia di Matthew Ryan Hoge vedi scheda film
"L'ho fatto per la tristezza". Nella vita di tutti c'è una sorta di doppio fondo, un rifugio segreto in cui si consumano le menzogne e le slealtà, un recesso che crediamo di poter governare, e che, invece, si rivela una trappola in cui finiamo per sprofondare. L'errore irreversibile è quello di chiamarsi fuori dal corso principale della vita, optando per il sotterfugio o per la passiva contemplazione: nel silenzio, infatti, ogni sussurro si fa grido, e le passioni si accentuano sino a diventare insopprimibili. Per il giovane Leland Fitzgerald la solitudine fa da amplificatore alla sua sofferenza, che vede moltiplicata nelle esistenze altrui. Il vuoto affettivo è una cassa di risonanza a tenuta stagna, che non lascia penetrare né il calore della comprensione, né la luce dell'ottimismo.
Il racconto si sviluppa come un ricamo dai molti fili, che si intrecciano in un movimento alternato, facendo un passo avanti, uno indietro e uno di lato, fino a comporre un disegno nitido, semplicissimo, e struggente.
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