Regia di Maurizio Ponzi vedi scheda film
A luci spente è una dichiarazione d'amore verso il cinema, che non ricambia: un'opera realizzata con sincero affetto, ma da mestieranti, mezze tacche e con qualche discreto elemento nel cast. Operazione ambiziosa e fin troppo per i mezzi a disposizione; non tanto la produzione, che pur non andando il prodotto oltre i canoni della fiction, comunque non è disprezzabile; quanto per i limiti fisiologici di un regista dignitoso, ma non eccellente come Ponzi e della sceneggiatura un po' scialba scritta dallo stesso, insieme a Tummolini e Spila. Su Bertorelli e sulla De Sio non si discute, Scarpati fa il suo dovere, nel resto del cast non spicca nessuno in particolare; l'analisi storica è volonterosa, anche se il fattore politico della situazione passa in secondo piano rispetto alle vicende 'artistiche' trattate: quella di A luci spente è una storia che potrebbe essere ambientata senza grossi problemi anche altrove, non necessariamente nell'Italia (post-)fascista (difficoltà 'politiche', finanziarie, divismo, etc.: tutta roba risaputa), è una specie di cronaca verosimile delle mille peripezie che può comportare la messa in scena di un lavoro cinematografico. Come tale va apprezzata, senza chiedere molto di più. 5/10.
1943, nell'Italia del crollo del fascismo un regista cerca disperatamente di realizzare il film Redenzione, con l'appoggio anche del Vaticano ed una troupe composta da persone appartenenti ai più disparati strati sociali, schieramenti politici e di pensiero.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta