Regia di Jaromil Jires vedi scheda film
Nella storia del cinema cecoslovacco si tende a ricordare quasi esclusivamente (l'ottimo) Milos Forman: eppure negli anni Sessanta il suo cinema è solo un tassello di un puzzle più complesso, una vera e propria nouvelle vague che di sovente ha dovuto lottare con la censura e con le restrizioni economiche. è successo così che registi di notevoli capacità come Vera Chytilova (Le Margheritine), Jan Nemec (La Festa e I Suoi Ospiti) o, appunto, Jaromil Jires siano caduti nel dimenticatoio. Le Fantasie di Una Trecidenne si inserisce nel periodo finale di questa nuova onda, chiudendo simbolicamente una stagione fatta di un cinema politico sì, ma anche in grado di schivare il pericolo che il contingente rappresenta. Jires rinuncia quindi ai riferimenti immediati e si concentra sulla pura visionarietà. Come in un sogno (o come in un film di Lynch) l'identità è un tabù costantemente infranto, tra figure edipiche o mostruose (evidenti i rimandi alle storie di vampiri e ad Alice Nel Paese delle Meraviglie), mentre il punto di vista viene a coincidere con quella di una ragazzina, troppo grande per essere una bambina e troppo piccola per essere un'adolescente, ovvero in quell'età che Truffaut era solito rappresentare in film come lo splendido cortometraggio Les Mistons: un'età fatta di sconvolgimenti e incomprensioni, di sentimenti assoluti e oscuri, di bianco, di nero e di rosso (stupenda la scena in cui Valerie ha le prime mestruazioni). Il passaggio verso l'adolescenza è delineato con grande efficacia, mentre i simbolismi che emergono lungo il film sono così universali e potenti da non risultare invecchiati. Ottima anche la raffinata fotografia ed il montaggio visionario.
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