Regia di Wolfgang Staudte vedi scheda film
E' un melodramma disperato, un ritratto spietato di alcuni personaggi che si distruggono l'un l'altro. Benché la protagonista Rose (Maria Schell) sia la vittima di tutto questo contesto, quasi un capro espiatorio di tutto il male che alberga in chi le sta attorno, anche lei ha delle responsabilità in quanto accade. E' l'oggetto del desiderio di diversi uomini, ed è evidente che con tutti loro ha una condotta alquanto leggera. Soprattutto il padrone della fattoria viene da lei un po' stuzzicato, un po' respinto, il tutto quasi divertendosi e senza rendersi conto della situazione. Dall'altro lato, con l'uomo che ama veramente (Raf Vallone) è ritrosa e volubile, sembra per il gusto di farsi desiderare. E' da queste premesse sballate che si innesca poi la tragedia.
I personaggi più negativi sono il padrone (che la mette incinta e poi l'abbandona), il padre (che con il vangelo in mano vuole lapidare l'adultera), e l'amante interpretato da Vallone (che si vendica con crudeltà e senza scrupoli).
La Schell dà una buona interpretazione e sembra impegnarsi molto: da contadina felice, leggiadra e carina dell'inizio, si trasforma anche fisicamente in una donna emaciata, apatica e cinica. Vallone interpreta il ruolo che gli è più congegnale, cioè quello del seduttore e rubacuori, ma qui anche di uomo spietato e vendicativo. Ricorda per più aspetti il suo collega americano Burt Lancaster.
Wolfgang Staudte dirige bene, ma francamente la disperazione e il pessimismo che comunicano il suo film sono secondo me in dose eccessiva, perché direi che infieriscono sullo spettatore. Neanche nei film precedenti era un ottimista, ma qui sembra aver rinunciato a qualunque speranza di riscatto per l'umanità.
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