Regia di Robert Johnson (Roberto Mauri) vedi scheda film
La cosa più bella - o forse l'unica - di questo film è che nessuno lo chiamava 'castigo di Dio', mentre per tutta la durata della storia il suo nome sarà sempre Django; si ritrova qui insieme a Spirito Santo, ma, come era prassi nello spaghetti western popoloso di titoli e personaggi di quegli anni, i due non hanno granchè a che fare con gli innumerevoli altri Django e altri Spirito Santo che comparivano sugli schermi all'epoca. Peraltro Mauri diresse altri tre 'Spirito Santo' in quello stesso periodo, il che complica ulteriormente la comprensione di questo titolo. Lasciando da parte simili dettagli (ma i dettagli erano tutto, in questo filone sovraccarico di prodottini miseri miseri che spesso riciclavano idee, attori e scene da lavori affini), Seminò morte... Lo chiamavano il castigo di Dio! non è molto di più di ciò che ci si può aspettare, cioè un western all'italiana a cavallo fra serie B e C, diretto da un mestierante (che assume lo pseudonimo di Robert Johnson), scritto dallo stesso regista e dal degno collega Roberto Bianchi Montero e interpretato da una serie di volti che variano dal discutibile all'appena accettabile: Josè Torres (Spirito Santo) funziona, Brad Harris (Django) un filino meno e il resto del cast prevede nomi insignificanti a iosa, se si eccettuano parti minori per Vassili Karis, Ken Wood/Giovanni Cianfriglia e Attilio Dottesio. Pellicole come questa danno perfettamente l'idea di quanto fossero tirati via certi prodotti meramente alimentari dell'epoca: eppure c'era un buon mercato anche per essi. 2/10.
Due pistoleri evadono di prigione: uno 'buono', Django (accusato ingiustamente di rapina, deve vendicare il fratello morto) e uno 'cattivo', Spirito Santo (messicano votato alla rivoluzione). I due si scontreranno e reincontreranno, nel nome delle rispettive missioni.
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