Regia di Robert Johnson (Roberto Mauri) vedi scheda film
Il film di Roberto Mauri prende le mosse da un personggio che si chiama Django (anche se sulla banca dati mondiale del cinema viene dato per Durango), e da uno che si chiama Spirito Santo. Il primo chiaramente non c'entra nulla con il personaggio di Corbucci, ma ne prende solo il nome perchè giustamente è mitico. Il secondo è uno degli ultimi arrivati tra i personaggi seriali dello SW, e Roberto Mauri lo eredita da Giuliano Carnimeo che diresse il primo Spirito Santo di Gianni Garko nel '71 in "Uomo Avvisato... Mezzo Ammazzato! Parola di Spirito Santo". Mauri infatti girerà "...E lo Chiamarono Spirito Santo", "Seminò la Morte... lo Chiamavano Castigo di Dio", e infine "Spirito Santo e le Cinque Magnifiche Canaglie". Tutti e tre con Vassili Karis, che allo spaghetti-western prestò volto in molti e conosciuti film, molti dei quali proprio diretti da Roberto Mauri. Questo "Seminò la Morte" prevede un intreccio tra il giallo e il vendicativo. Django è Brad Harris, mentre Spirito Santo, quasi sempre Vassili Karis, è invece José Torres qui davvero bravo. L'attore spagnolo segue la lezione del Cuchillo di Tomas Milian e rende davvero gradevole questo messicanaccio rivoluzionario che però alla fine non si capisce se l'oro lo voleva davvero per la rivoluzione o solo per sé. Il film nel complesso non è male, è solido, però pecca di leggerezza nell'impianto registico, tra l'altro non supportato da una sceneggiatura decente che non prevede infatti un gioco immaginifico dei vari moduli narrativi, ma solo una loro utilitaristica funzionalità. Il risultato finale è un flm che si vede quasi distrattamente, anche se l'attenzione viene rubata proprio da José Torres, davvero bravo. Inutile dire che il titolo, bellissimo, non c'entra praticamente nulla con il film. Pratica questa, troppo in voga nello SW, che penalizza l'immaginario che un titolo sa evocare solo con l'utilizzo di poche parole.
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