Regia di Arthur Penn vedi scheda film
Il primo film di Arthur Penn è un western generazionale che mette di fronte un ragazzo di vent’anni irriducibile alle logiche del mondo degli adulti. Billy the Kid è uno che vuole il mondo e lo vuole adesso, che si prende quello che desidera quando lo desidera. Nessun confronto può essere possibile con persone che non riescono a capire la sua urgenza di vita, quei pochi che lo capiscono o sono ragazzi come lui o fanno una brutta fine. Billy è un ragazzo pronto ad esplodere per vendicare la morte dell’unico uomo che lo aveva accolto e sfamato come un figlio a cui non fare troppe domande ma cercando di avviarlo alla bellezza e alla cultura della vita senza armi. La rivolta diventa l’unico modo per placare un animo tormentato nel fisico e nell’anima dalla violenza fuorilegge del potere che sa di restare impunito. Lo spirito dissacratorio del film sta tutto nel contrapporre la sequenza della veglia per la morte del padrone-padre a quella successiva del ballo nel saloon. Tutto il film è un alternarsi di scene funebri e nere e scene giocose e bianche, per il protagonista il normale e il grigio non esistono, esiste solo la vendetta violenta da opporre alla violenza del sistema. Il regista rifiuta l’idea di una recitazione piatta facendo fare a Newman e agli altri tutte le smorfie possibili per nasconderne la bellezza del corpo e per esaltarne i dubbi esistenziali. Il nostro realizza un western psicologico di un ragazzo complicato che diventa il primo ribelle americano capace di dialogare con i suoi coetanei degli anni cinquanta, quando il cinema scopriva i giovani e la loro voglia di nuove onde. Quindici anni dopo ci penserà Peckinpah a immortalare con un capolavoro la storia di Billy, questo resta un western destrutturato e degenere, con poca epica e poca leggenda, dove l’etica del Kid è libera e infantile ma complessa pronta a pagare il prezzo della propria fame di vita per diventare il rimorso di un paese senza innocenza.
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