Regia di Jesus Franco vedi scheda film
Il maestro iberico Jesus Franco, nel cui nome porta quello che purtropo per uno spagnolo possono essere due "orrori", quello cattolico e quello franchista (l'unico vero orrore), era uno dei pochi che poteva raccontare la "sua" versione di Jack lo Squartatore. Jack the Ripper, che è anche il titolo originale del film, è il primo mito dell'immaginario horror ad essere uscito dalle pagine della cronaca invece che da quelle della letteratura, o dal cinema come toccò a King Kong, creatura che poteva essere figlia solo dello sguardo e dell'illusione cinematografica. Un mito, quindi, quello dello Squartatore, che va preso con le pinze e non va abusato giocando all'horror facile e da botteghino. Franco prende infatti Kinski, l'unico attore contemporaneo che poteva dare il volto all'assassino di Whitechapel, insieme a pochissimi altri. Poi prende Zurigo e la veste da Londra: il gioco della finzione è sempre il più gradito come ha fatto Leone con l'Almeria per ricreare il West, o Olmi con il Montenegro per ricreare la Cina del 1600. Poi prende la storia di Jack lo Squartatore la cambia, la ribalta, ne tiene buoni alcuni elementi (che l'assassino sia un medico, per esempio), e infine gli appiccica un finale anticinematografico, senza vera azione, senza una chiusura visivamente efficace. Questo perchè tutto ciò che c'era da dire e da mostrare l'aveva fatto prima, con l'incubo di Kinski in cui sogna una madre puttana che forse giocava alla troia pure con lui, oppure con il particolare feroce del seno tagliato e lasciato sulla credenza a grondare sangue, oppure e soprattutto lo stupro nel parco in cui Kinski trova l'orgasmo penetrando un quasi cadavere. Necrofilia e turbe sessuali che accompagnano un folle personaggio degli incubi del positivismo, grazie all'efficacia rilettura di un altro folle, quel Kinski i cui ruoli più celebri rimangono appunto i folli herzoghiani, ma che in decine di altri film, seppur in ruoli da psicopatico e folle assassino, la sua era comunque una recitazione sobria votata alla sottrazione. Basta infatti un suo sguardo gelido, il suo viso fisso e inespressivo per dire con forza tutto quello che bolle sotto.
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