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San Babila ore 20: un delitto inutile

Regia di Carlo Lizzani vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su San Babila ore 20: un delitto inutile

di hallorann
8 stelle

Milano. Quattro ragazzotti assistono al funerale di un vecchio camerata. Sono gli studenti Franco e Michele, il commesso di un negozio Alfredo e il perdigiorno Fabrizio. I commenti dei quattro al termine della cerimonia funebre sono inequivocabili sulle loro idee politiche, “…queste cariatidi mezzo morte mi fanno simpatia…ci sono andato per farli fessi e contenti…la massa ignorante ha bisogno di questi vecchi simboli…”. Insieme compiono un’azione di provocazione contro i rossi, Miki a scuola scrive un tema in cui esalta la morte e i suoi simboli, lui e Franco sono figli di alto borghesi e hanno con i genitori rapporti contrastati e conflittuali, Fabrizio auspica una società in cui tutti devono credere e obbedire. Piazza San Babila è il quartier generale in cui agiscono indisturbati, dal bar che frequentano apprendiamo che sono schedati per piccoli reati all’ufficio politico che a loro volta, a seconda delle circostanze, li proteggono. Le loro azioni di sabotaggio e di ostentazione di virilità prendono di mira un negozio di ebrei, una ragazza tonta da turlupinare, luoghi pubblici etc. Vorrebbero piazzare una bomba alla sede sindacale di Sesto, Franco ancora con la fedina penale pulita è l’incaricato ma fallisce per pavidità nascondendo la cosa agli amici. Il capo, Fabrizio, venuto a sapere da un confidente di sinistra il vero motivo del fallito attentato ricatta l’insicuro e fragile amico che nell’enfasi di rivalsa individua una coppia di comunisti da punire. Finisce in tragedia. Il cinema di Carlo Lizzani si è sempre mosso tra cronaca e storia, in SAN BABILA ORE 20: UN DELITTO INUTILE viviseziona il neofascismo sanbabilino raccontando la giornata di quattro giovani di estrema destra. Egli inquadra uno spaccato geografico, sociale e politico degli anni settanta quasi in presa diretta, non da una visuale documentarista come in STORIE DI VITA E MALAVITA ma piuttosto oggettiva, distaccata e schierata nel contempo. Il film, infatti, scritto da Lizzani stesso, Mino Giarda e Ugo Pirro mostra le motivazioni ideologiche, umori e ambienti milanesi dell’epoca, le connivenze della polizia, bravate e atti di teppismo dettati dal desiderio di ordine fine a se stesso, dall’odio viscerale per i comunisti e da sensi di frustrazione (in un caso, un po’ forzato, pure da impotenza sessuale) che sboccano in violenza gratuita. Il regista filma e dirige attori semiprofessionisti con grande sicurezza e maestria, a metà tra cinema di genere di qualità e cinema di denuncia.

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