Regia di Carlo Lizzani vedi scheda film
Il ritratto dei giovani beneducati annoiati, delinquenti quasi per caso, è efficace quanto basta: non è difficile simpatizzare per i 'cattivi' e la scena meglio riuscita - che meglio spiega l'inutilità della reazione aggressiva dei ragazzi - è certamente quella del sexy shop, in cui traspaiono le atmosfere di Arancia meccanica. Non è un film prettamente 'politico' o teso a colpevolizzare i giovani piuttosto che il pensiero di destra; qui si tratta di deviati, persone cresciute in famiglie lontane, con padri padroni che sostituiscono l'affetto con i soldi e via dicendo. Può essere un clichè e forse lo diventa quando non viene analizzato più di tanto lo scenario che sta dietro al gesto provocatorio della violenza; Lizzani indaga anche in questo senso, ma senza scavare più di tanto in profondità.
Milano, anni '70. Quella che comincia come una 'bravata' diviene ben presto un'associazione sovversiva: a formarla sono alcuni 'bravi ragazzi', di buona famiglia, beneducati, apparentemente diligenti studenti ed irreprensibili lavoratori. In realtà dietro ai loro gesti infami c'è una spietata ideologia di destra ereditata in famiglia, tanta noia ed una disperata richiesta di attenzione.
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