Regia di Carlo Lizzani vedi scheda film
Quando il cinema ha pretese o origini politiche diventa poi facilmente didascalico. Il film di Lizzani, autore che ha dato tanto in quegli anni in termini di caleidoscopio delle nuove tendenze politiche e criminali italiane, gira un film tra il reportage (già sperimentato radicalmente con "Banditi a Milano") e il dramma borghese, con accenni al poliziesco nostrano di quegli anni di piombo. Non è che la struttura narrativa sia un po' confusa è che i troppi personaggi a volte non hanno il tempo di evincersi e staccarsi dalla tela, sono macchiette. Franco, forse il personaggio più importante, è l'unico infatti che lo spettatore conoscerà meglio. Per il resto gli altri sanbabilini rimangono sullo sfondo senza staccarsi. E dovrebbero, visto l'importanza di tratteggiare personaggi come questi, fascisti di estrema destra che sono l'origine del film. Le violenze sono misurate, la volgarita sessuale trattenuta, ma i ragazzi stessi risultano davvero irritanti e ti verrebbe proprio voglia di prenderli a calci nel culo. La prepotenza di cui si fanno bandiere è il risultato di una repressione sessuale che li istiga al regime, all'ordine, alle regole. C'è sempre una motivazione di disagio sessuale nella scelta di regime che è, a parere degli interessati, l'unico modo per sopravvivvere al proprio disagio. Lizzani riesce infatti a dare un ruolo anche alla componente sessuale attraverso il pesonaggio della ragazza svampita ma libera sessualmente, alla morbosità della madre di Franco, e ai falli di gomma con cui i sanbabilini giocano provocatoriamente ma che in realtà è il loro desiderio segreto di avere una virilità che non hanno e che devono fingere di avere attraverso la forza e la violenza. E' il dramma di tutti i fascismi.
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