Regia di Sergio Bergonzelli vedi scheda film
Fulgido esempio di bruttura cinematografica
Fulgido esempio di bruttura cinematografica a firma di Sergio Bergonzelli, cineasta piemontese classe 1924, scomparso nel 2002, dalla curiosa carriera. Esordì negli anni '50 come attore generico (lo si è visto, fra l'altro, nel "Brigante di tacca del lupo" di Pietro Germi (1952) e in un piccolo ruolo a fianco di Marcello Mastroianni ne "Il momento più bello" di Luciano Emmer (1957)). Passato alla regia, diresse negli anni sessanta, senza infamia e senza lode, una manciata di films pirateschi e di spaghetti-westerns, per poi dedicarsi, nel decennio successivo, prevalentemente al genere erotico e virando addirittura, in fine di carriera, a girare anche alcune pellicole di carattere prettamente pornografico.
Il film in questione appartiene ad una sua personale trilogia di commedie erotico-provinciali (gli altri due titoli sono, per la cronaca, "La cognatina" (1975) e "La sposina" (1976)) e vorrebbe essere una rilettura in chiave erotica della nota vicenda di Don Camillo.
Don Camillo (interpretato da Pupo De Luca) è un timido prete di campagna che riceve in visita una sua nipote prostituta (interpretata da Ria De Simone), sindacalista e di sinistra, chiamata, per "geniale" intuizione degli Autori, per l'appunto Peppona (sic!), la quale, con il suo arrivo, scombussolerà non poco l'esistenza del povero curato e dei maschi tutti del paese.
La vicenda, che nelle mani di un altro regista avrebbe potuto anche essere astrattamente godibile, si trasfigura, nelle mani di Bergonzelli, in un'indicibile vaccata, in una farsaccia greve totalmente antierotica e che anzichè divertire, come vorrebbe, riesce soltanto ad irritare, intrisa come è di beceraggini a piene mani, di battutacce di infimo ordine che non fanno ridere, senza dimenticarci di una satira politica penosa che non rende giustizia al malcapitato spettatore trattato in continuazione alla stregua di un povero idiota.
Ciononostante, il film emana misteriosamente un suo insano e perverso fascino sotto l'egida del "so bad it'so good". Sarà per la continua sfida da ingaggiare con se stessi nel seguire una storia talmente strampalata da risultare a tratti addirittura incomprensibile; sarà per il senso di straniamento provocato da cotanto squallore; sarà, diciamola tutta, per il desiderio inconsciamente masochistico di ogni cinefilo e, più in generale, di ogni esteta snob che si rispetti di scendere sempre più in basso negli inferi del brutto.
Quanto ai due protagonisti, se la polposa Ria De Simone, storica comprimaria di certa commediaccia di serie Z e di sceneggiate napoletane, nel colorire il suo personaggio, risulta, più che altro, sguaiata e ciabattona, il povero Pupo De Luca (autore anche della sceneggiatura) ce la mette davvero tutta per cercare di sorreggere una barca che fa acqua da tutte le parti e che con il timone in mano a Capitan Bergonzelli è destinata miseramente ad affondare.
Tra le figure di contorno, oltre alle solite macchiette stereotipate della provincia nostrana (le comari, i benpensanti, i bigotti, i galletti da casino), in parte già anacronistiche al tempo del girato, piace segnalare Cirillino o Cicillino, (interpretato da Alfredo d'Ippolito, che vedremo anche in "Brutti sporchi e cattivi" di Ettore Scola (1976)), sagrestano balbuziente e ritardato qui protagonista di gags pietose e vittima sacrificale prediletta dei tiri birboni delle varie puttane con in testa naturalmente la Peppona. Altro personaggio significativo (significativo si fa per dire naturalmente) è la "Giga" (interpretata da Amanda, al secolo Giuliana Cecchini, già mediocre cantante, poi "evolutasi" in attricetta di terza fila); maitresse mascolina e fumatrice di sigaro, è la tenutaria della locale casa di tolleranza che assurge icasticamente a vera e propria istituzione nonchè punto di riferimento per l'intero paese. Il regista però non sembra rendersi conto che la legge Merlin era entrata in vigore da quasi vent'anni e che i bordelli, almeno quelli legali, non esistevano più da un pezzo.
Un'ultima curiosità: il ruolo principale era stato inizialmente offerto ad Erika Blanc, la quale, avendo intenzione di abbandonare il cinema di genere e soprattutto "degenere" in cui troppo spesso era costretta a lavorare, quasi presaga del risultato finale, pare abbia rifiutato con orrore l'oscena proposta bergonzelliana.
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