Regia di Emmanuel Carrère vedi scheda film
Il titolo italiano è fuorviante. La moustache (“i baffi”) non è un melodramma d’amore ma un thriller esistenziale, scritto e diretto da uno degli intellettuali più lucidi e provocatori di Francia, Emmanuel Carrère. Vincent Lindon, prima di andare a cena a casa di amici con la moglie Emmanuelle Devos, si taglia i baffi. Nessuno se ne accorge. Non solo, tutti gli dicono che non li ha mai avuti, i baffi. Ma come? pensa lui: e le fotografie? Da qui una lenta discesa nella paranoia, fino a mettere in discussione qualunque certezza. Ma sua moglie fumava, prima? E il viaggio a Bali, è realtà? Sconvolto, l’uomo scappa. Ma l’assenza, dei baffi e di un equilibrio, lo insegue in capo al mondo. Sottilmente inquietante La moustache, che racconta con gelida precisione percorsi di ansia tipicamente maschili. Per un uomo l’apparenza può non avere nulla a che fare con la vanità, e il suo significato non è lo stesso che per una donna. Si presuppone che l’interesse, specie ad una certa età (il protagonista ha tra i quaranta e i cinquant’anni) sia a monte rispetto al corpo, all’aspetto, ma in realtà nessuno sfugge al’indotto desiderio di essere visto, come sola attestazione di esistenza concreta. Poi Carrère fa sospettare che dietro la surreale vicenda ci sia una macchinazione della moglie e del suo migliore amico, ma è fumo, un pretesto per ricordare come il percorso di cui sopra abbia tra gli sbocchi quello della teoria del complotto. Il film, va detto, non sarebbe così bello senza l’eccellente prova degli attori, in particolare di Lindon, che apre spiragli alla propria angoscia solo con l’impassibilità. La moustache viene mandato allo sbaraglio in piena estate ed è un peccato, perché siamo di fronte a un pezzo raro.
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