Regia di Emmanuel Carrère vedi scheda film
Voto 9. Leggendo le opinioni che mi precedono, noto che questo film piace molto oppure irrita. A me, evidentemente, è piaciuto molto. Il percorso esistenziale di un uomo, che si taglia i baffi e da quel momento perde ogni riferimento personale, sociale e affettivo, è inquietante, mette a disagio lo spettatore, ma lo incuriosisce. Una curiosità che non otterrà soddisfazione nel finale e questo spiega in parte il disappunto di qualcuno. L’autore, infatti, si affida ad una struttura narrativa a dir poco audace, osserva e spazia qui e là nel surreale, si rifiuta di aiutare a comprendere. Vincent Lindon – qui al massimo della bravura – attraversa la sua stessa vicenda con disperazione e incredulità e ne esce senza essere riuscito a districare la matassa. Lo affianca, nel ruolo della moglie, una sempre più raffinata Emmanuelle Devos, forse non bella come ci si aspetta dalle dive, ma affascinante e dall’estetica rinascimentale.
Il momento dell’improvviso viaggio di Lindon a Honk Kong è un colpo di scena magistrale. Il Nostro, solo e senza alcun bagaglio, in una metropoli lontana, con la folla in continuo movimento, la metropolitana, il traghetto locale, sembra aver deciso di perdere definitivamente la sua identità. Getta via il telefono cellulare, si inoltra nel nulla a bordo di una chiatta, ritrova la moglie, si fa riscrescere i baffi… Pazzesco, duro, geniale!
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