Regia di Fritz Lang vedi scheda film
Negli anni '30, in occasione dell'offensiva totalitaria scatenata in buona parte dell'occidente, vennero rispolverate le teorie di Gabriel Tarde sul comportamento delle masse e sulle cosiddette leggi dell'imitazione. È su queste che sembra fondarsi lo splendido film di Fritz Lang, ebreo e austriaco costretto all'espatrio, che con Furia - suo primo lungometraggio girato oltreoceano - prova a immaginare cosa sarebbe potuto accadere se anche il popolo americano fosse stato contagiato dal virus della caccia all'untore, culminato in un linciaggio di massa. Lo fa attaverso la storia di un uomo esemplare (Tracy), finito in gattabuia per un disguido, alla quale la folla inferocita attribuisce il rapimento di una bambina. L'uomo si salva miracolosamente dal linciaggio, viene creduto morto e, alla maniera di Montecristo, medita una vendetta. Finale degno di Frank Capra.
Con un plot narrativo d'alta scuola, una capacità invidiabile di creare una climax che si carica di suspense a mano a mano che il film procede e una tenuta ferrea in chiave di sceneggiatura, Furia confermò al pubblico americano le eccezionali doti d'autore di Lang, che di lì a poco avrebbe firmato capolavori come Duello mortale, La donna del ritratto e La strada scarlatta.
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