Regia di Sergio Citti vedi scheda film
Lo stile grottesco in versione kitsch-burina è egregiamente introdotto dall'inquadratura iniziale: un primissimo piano su una scodella di pasta alla carbonara, in un tripudio di contrasti cromatici. Quello di Sergio Citti è un realismo popolaresco, fantasioso e sopra le righe, che trasfigura la grossolanità tramite la nobile arte del teatro. La caricatura e l'autoironia si fanno gioco narrativo o recitativo, in cui i diversi ruoli danno luogo ad una coralità volutamente stridente, nel quadro di una sceneggiatura sapientemente disarmonica, come lo è, spesso, la vita della società. Come in "Casotto", in "Cartoni animati", o in "Mortacci", il mondo di "dentro" è un colorito spaccato del mondo di "fuori", del quale accoglie gli amari sedimenti, e, rispetto al quale risulta, in fin dei conti, di gran lunga preferibile. Il luogo chiuso (lo spogliatoio, il capannone abbandonato, l'aldilà) crea infatti appartenenza, e diventa, in un certo senso, una metafora della comunione spirituale, ossia di quel fenomeno per cui ciò che è diverso esteriormente si scopre uguale interiormente. Gli elementi che uniscono sono le memorie e riflessioni individuali dei personaggi, anche se mai del tutto profonde e mai del tutto serie: a Citti piace infatti risalire con una risata un attimo prima di toccare il fondo del dolore. Per i due protagonisti di questo film - ex-detenuti finiti in cella per aver reagito con violenza ad un grave tradimento - la priorità assoluta, una volta usciti dal carcere, è ritornare alla normalità, senza temere il rischio di incorrere nella banalità o nella volgarità. L'ingenuità e l'allegria tolgono ad entrambe ogni parvenza di squallore e restituiscono un mosaico gioioso, i cui colori sono le tinte naturali delle emozioni e dell'istinto. Tutto, in questo film, è concreto e vero, comprese le icone e le allegorie, che qui sono dirette emanazioni dell'immaginario collettivo e scaturiscono dal sangue e dal fuoco. Inattesa e insolita è la svolta pseudo-drammatica del finale, a prima vista incoerente, e invece perfettamente funzionale allo scopo del film: è una sorta di disadorna camera di decompressione, che serve a sviscerare quello che è il reale tema del film, ossia l'amicizia spontanea, sincera ed incondizionata, che è fatta di niente, se non si simpatia, affetto e complicità.
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