Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Questo non è il solito film hollywoodiano. È un insulto e uno sfogo prolungato. Uno scaracchio in faccia a Hollywood!
Un film straordinario, un incubo metropolitano notturno e angosciante. Martin Scorsese ci racconta la folle notte di Paul Hackett, anonimo impiegato di una società informatica di New York, a partire dall'incontro casuale con una carina ragazza in un bar, il quale sarà l'incipit di un'inimmaginabile odissea dal tramonto all'alba. Paul, interpretato da un sempre più stralunato e terrorizzato Griffin Dunne, si troverà in mezzo a un vortice di situazioni una più grottesca dell'altra. Presto, quella iniziata come una semplice avventura sentimentale di una notte si tramuterà in una serie di equivoci fino a sfociare in una disperata fuga per la sopravvivenza, con il protagonista apparentemente impossibilitato a tornare a casa e un intero quartiere inferocito alle sue calcagna.
Il regista affronta nuovamente il tema della solitudine e dell'alienazione del cittadino nella grande metropoli: Paul Hackett è un novello Travis Bickle con una vita noiosa e priva di stimoli, il cui tentativo di staccare dal lavoro e divertirsi è destinato a schiantarsi contro l'indifferenza e soprattutto l'incapacità di comunicare delle persone. Sovente Paul sembra parlare a vuoto, le risposte che gli vengono date sono insoddisfacenti se non addirittura irritanti, i personaggi interagiscono ognuno portando avanti dei monologhi personali senza curarsi di essere ascoltati. Le reazioni sono tutto meno che empatiche, sancendo l'inutilità del dialogo e facendo apparire le scene quasi grottesche, irreali, a volte persino inquietanti come se sul giovane uomo incombesse un pericolo imminente. La notte diventa così il catalizzatore delle nevrosi dei cittadini, la vera natura dei quali emerge al calar delle tenebre insieme alla loro follia latente. Non contento, Scorsese immerge la vicenda in un clima surreale e onirico, a tratti lynchiano, facendo muovere i personaggi prevalentemente in interni poco illuminati o in vicoli bui e degradati. Da un'iniziale sensazione di disagio si passa col tempo a una crescente inquietudine fino a sfociare nella paura vera e propria, come testimoniato dall'aspetto sempre più arruffato e dagli occhi a mano a mano più smarriti di Griffin Dunne. La fine del viaggio è sancita dal ritorno al punto di partenza, ovvero il calore del proprio posto dietro la scrivania dell'ufficio, di nuovo al sicuro nella propria alienante, rassicurante monotonia.
Il film è senza dubbio uno dei massimi capolavori del regista italo-americano, lo zenit della prima parte della sua straordinaria carriera, quella che va dagli esordi alla fine degli anni '80. Personalmente, quella che preferisco.
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