Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Scorsese negli anni 80 produsse prima un capolavoro acclamato come "Toro scatenato", poi un'opera azzardata come "Re per una notte", che si rivelò un clamoroso insuccesso, poi questo "Fuori orario", che prosegue sulla linea di opere non allineate, dov'è il regista vuole chiaramente sperimentare qualcosa di diverso, qui ispirandosi ad un copione ribattezzato "Lies" scritto da Joseph Minion come saggio conclusivo dei suoi studi di cinema.
L'avventura notturna di Paul Hackett nel quartiere di Soho, che presto si trasforma in un incubo surreale e metafisico, a mio parere non va riassunta in una recensione: il film è una sorta di riscrittura di motivi kafkiani ed hitchcockiani e chi più ne ha più ne metta (anche se all'epoca Scorsese disse di non aver mai letto le opere dello scrittore boemo); l'atmosfera allucinata è resa con un sapiente crescendo drammaturgico di stranezze e di incontri disturbanti, su cui Scorsese imposta un film dal taglio visivo molto particolare, sicuramente diverso dalle sue opere sulla mafia e sulla comunità italoamericana.
La fotografia di Michael Ballhaus e i movimenti di macchina accentuano l'impressione onirica e antirealistica dell'insieme, dove il carattere ossessivo/persecutorio del personaggio e delle sue relazioni con il mondo che lo circonda si ricollega al concetto di una colpa come il peccato originale, a cui accenna anche l'invocazione a Dio in una scena chiave del film.
Tuttavia, il film è pieno di spunti ironici, dialoghi anche volutamente nonsense, e nel complesso rifugge dalla seriosità che si potrebbe associare ad una pellicola del genere; la scrittura registica è fluida, sincopata, avvolgente, con qualche momento forse un po' verboso, ma con soluzioni di ripresa sempre perfettamente funzionali e alcune scene di forte risalto a livello espressivo, che non ti aspetteresti da un autore come Scorsese. Il sottofondo esistenziale/religioso si ricollega al discorso autoriale che Scorsese porta avanti di film in film, qui declinato in forme volutamente esasperate e pessimiste, anche se il finale vede un ricomposizione dell'ordine costituito sotto il segno della musica mozartiana che apriva anche la prima sequenza.
Nel cast da segnalare l'exploit di Griffin Dunne, che rende benissimo lo smarrimento di Paul e la sua metamorfosi anche fisica che lo vede diventare una statua: questo attore ha avuto in seguito una carriera un po' deludente (io lo ricordo soprattutto in "Who's that girl"), ma qui offre una performance di notevole intelligenza e penetrazione psicologica. Fra i caratteristi buone le partecipazioni di Rosanna Arquette, Linda Fiorentino e Teri Garr. Col passare degli anni "Fuori orario" si è preso la sua rivincita diventando un cult movie intergenerazionale, è un film che va rivisto più di una volta per cogliere la sua ricchezza tematica, merita di essere considerato alla stregua delle grandi opere del regista italoamericano.
Voto 9/10
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