Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
"Il mio matrimonio è durato tre giorni, ero una ragazzina quando mi sono sposata. Lui era un patito di cinema: in effetti era particolarmente ossessionato da un film, "Il mago di Oz", ne parlava in continuazione. All'inizio lo trovavo divertente... Per la prima notte di nozze, io ero ancora vergine, mentre facevamo l'amore... Tu l'hai visto il film, vero?".
"Il mago di Oz? Sì, l'ho visto".
"Beh, mentre facevamo l'amore, quando lui... insomma, quando veniva... cominciava... cominciava ad urlare "Arrenditi, Dorothy"... sì, così, solo Arrenditi, Dorothy".
"Cavolo...".
"Invece di fare versi... "Oddio", "Dio che bello", insomma una cosa del genere... voglio dire, alla fine è abbastanza angoscioso. Io gliel'ho detto come la pensavo, ma lui non riusciva a smettere... lui non riusciva a smettere... lui... lui non riusciva a smettere. E allora ho deciso di troncare tutto quanto".
[Rosanna Arquette a Griffin Dunne]
Paul Hackett (Griffin Dunne) è un programmatore di computer, single e timidissimo (un "diverso", si scoprirà più avanti), che divora Tropico del Cancro di Miller nei bar durante le sue serate solitarie. Che la nottata a cui sta andando incontro si rivelerà decisamente movimentata appare subito evidente già da quando Paul si imbatte nel tassista spericolato che lo condurrà a casa della Marcy (Rosanna Arquette) conosciuta poche ore prima (e a cui non pagherà la corsa perchè la sua unica banconota da 20 dollari volerà dal finestrino: ma i tassisti non dimenticano...). Marcy vive nel loft dell'amica Kiki (Linda Fiorentino), eccentrica scultrice: l'impatto con le due donne, però, si rivelerà eccessivamente traumatico per Paul, che, convinto che Marcy sia una svitata senza possibilità di recupero, la abbandona mentre dorme e fugge via. Ha soltanto 97 centesimi in tasca, che sarebbero sufficienti per prendere la metropolitana e tornare a casa se proprio da quella notte il biglietto non fosse aumentato a 1 dollaro e 50. Non gli resta, allora, che vagare sconsolato per le strade: piove a dirotto, naturalmente, e Paul non è neanche a conoscenza di essere finito in un quartiere saccheggiato nelle ore precedenti da una banda di topi d'appartamento. Si imbatte in Julie (Teri Garr), cameriera in un bar, e conosce il gestore del locale, che gli offre i soldi per il biglietto della metropolitana in cambio di una cortesia (poichè non può lasciare incustodito il bar chiede a Paul, visti i furti nella zona, di controllare se ha inserito l'antifurto nella sua abitazione). Sembrerebbe un colpo di fortuna e invece si rivelerà soltanto, tra colossali equivoci, inseguimenti, suicidi, ladri, artiste della cartapesta con più di una rotella fuori posto e folle inferocite, l'inizio di un tragicomico incubo per Paul, sbeffeggiato anche dalla polizia:
"Mi chiamo Paul Hackett, mi trovo a Soho ma non so esattamente dove. Insomma, sono perseguitato da una folla inferocita e lei sa di che cosa sono capaci. Ho tutte le ragioni per credere che la mia vita sia in pericolo, in gravissimo pericolo. Certo, è evidente che devono esserci stati numerosi furti, tutti commessi in questa zona, negli ultimi tempi...".
"Facci su una bella dormita, amico".
Fuori orario, la black comedy per eccellenza degli anni Ottanta, premiata per la miglior regia al festival di Cannes, è un'immersione kafkiana nell'oscurità della metropoli che si trasforma, con un surreale ribaltamento di significa(n)ti (la "normalità" del personaggio di Griffin Dunne), in un'ironica elegia della "diversità" contrapposta ai conformismi del decennio più omologato della storia ed in una raffinata riflessione sulla follia incipiente del moderno vivere (l'essere raziocinante come "alieno", il "mascheramento" come unica via di fuga possibile: solo quando verrà coperto da strati di cartapesta e trasformato in scultura, infatti, il protagonista riuscirà a salvarsi dall'infernale apocalisse di sciagure che gli si abbattono addosso). Scritto dall'esordiente Joseph Minion (la sua tesi di laurea alla Columbia Film School), Fuori orario fonde, con guizzi grotteschi e caustica irriverenza, i toni survoltati della commedia e i graffi della satira di costume, le beffarde ironie del Caso con le dissoluzioni della discesa agli inferi, la paranoia con la frustrazione, magistralmente orchestrati da Scorsese in una danza sfrenata di esistenze disperate che "vorrebbero soltanto vivere" ed invece si ritrovano divorate dall'angoscia e travolte dai tentacoli perversi della "città nuda". Cast strepitoso (da Griffin Dunne ad una stratosferica Teri Garr), ritmo travolgente (il montaggio è curato da Thelma Schoonmaker), levità di tocco e grazia dell'ispirazione, gli inquietanti ticchettii della suggestiva colonna sonora di Howard Shore (a cui si aggiungono, in un trascinante melting pot musicale, Bach e Mozart, George Gershwin e Cole Porter, Peggy Lee e i Monkees, fino alla dissacrante Pay to Cum dei Bad Brains) a scandire i battiti ineluttabili del Tempo e le evoluzioni drammaturgiche della vicenda, fotografia smagliante di Michael Ballhaus. Capolavoro.
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