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La samaritana

Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film

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La recensione su La samaritana

di Peppe Comune
7 stelle

Yeo-jin (Kuak Ji-min) è una ragazzina poco più che quindicenne che vive col padre poliziotto, Yeon-ki (Lee Eol). Jae-yeong (Han Yeo-reum) è la sua amica del cuore, trascorrono insieme tutto il tempo libero e progettano di fare un lungo viaggio in Europa. Grazie ad internet, Jae-yeong scopre che un modo per fare soldi facili in un tempo relativamente breve è quello di prostituirsi. Prende la cosa come se fosse un gioco, come un innocente evasione e pur di starle vicina Yeo-jin accetta, seppur controvoglia, di aiutarla a trattare con i clienti e a conservare i soldi per l'agognato viaggio. Un giorno, Yeo-jin, che è fuori ad un motel ad aspettare l'amica, vede prima dei poliziotti che vanno alla ricerca di prostitute minorenni e poi assiste Jae-yeong schiantarsi al suolo dopo essere precipitata da una finestra.

 

La samaritana", di Kim Ki-duk - SentieriSelvaggi

La samaritana - Scena

 

"La samaritana" trae spunto dai fatti di cronaca legati alla drammatica diffusione della prostituzione minorile in Corea del Sud, poi segue una strada tutta sua, che va ben oltre la mera descrizione di un ambiente o di caratteri tipici per appuntare l'attenzione sulle complessità etiche e psicologiche di tre esistenze precarie : Jae-yeong, che inizia a prostituirsi con lo spirito di chi intende donare amore ai suoi occasionali clienti (come suggerisce il nome che adotta, Vasumitra, che si rifà alla leggendaria donna indiana che donava il suo corpo per risvegliare negli uomini la spiritualità buddista), Yeo-jin, che si sostituisce all'amica come per chiudere il cerchio di un'esperienza che ha assunto tutti i crismi di una missione da portare a compimento ad ogni costo e anche per rafforzare in maniera ancora più indissolubile il loro intenso legame, e infine Yeong-ki, il quale, piuttosto che cercare di penetrare le ragioni profonde del comportamento della figlia, si mette a fare il poliziotto che reprime arbitrariamente un vizio. Il tutto ruota intorno alle tematiche della colpa e dell'epiazione che Kim Ki-duk tratta da un punto di vista rigorosamente laico, senza scadere in facili moralismi o in semplicistiche differenziazioni tra il bene e il male. Il film aderisce perfettamente alla realtà contingente ma prima della precisa delineazione di problematiche sociali, quali il disagio giovanile e il "mercato" di carne giovane i cui prodromi andrebbero rintracciati in una società che non sembra offrire molte alternative a una morale imperniata sul denaro e il successo, c'è la storia sull'interazione sentimentale di tre persone che reagiscono agl'impulsi esterni con comportamenti che sono tanto lo specchio di una sostanziale inadeguatezza emotiva quanto il frutto di percorsi esistenziali ancora in fase di maturazione. Tre personalità a cui l'autore sudcoreano fa corrispondere tre momenti narrativi ben distinti caratterizzati dal progressivo allargamento dell'inquadratura, che parte stretta concentrandosi sugli stati emozionali dei tre protagonisti, continua aprendosi sulla matrice sociale di determinati comportamenti e si conclude sulla vastità di una rasserenante ambientazione montana. Espediente che tende ad assimilare il posizionamento della macchina da presa con l'estensione dell'oggetto d'indagine, lo sguardo sulla realtà con la forma che gli viene attribuita. Una storia di grande pregnanza morale dunque, dove l'essenza religiosa (suggerita dallo stesso titolo del film) risiede più nella tensione spirituale che la sorregge che nelle finalità che ne determinano gli sviluppi fondamentali. Il film si chiude con un bellissimo campo lungo che inquadra due auto che si allontanano l'un l'altra. La macchina da presa si apre al mondo e sembra voler indurre a una riflessione sull'impossibilità di carpirne fino in fondo i misteri. 

 

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