Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film
Tavernier filma un'opera che avrebbe potuto essere più efficace e concisa, deragliando anche solo un po' dal binario iperdocumentaristico. In una storia che narra di adozione, amore, di mancanze e sensi di colpa,il melò è percepibile, ma stride solo con la troppa "vitavera" messa in scena proprio come "vita vera", non in sè. i pianti e la disperazione rientrano nel flusso della normalità, nelle consuete scanalature dell'esasperazione, dell'accumulo di rabbie, aspettative deluse, truffe efferate che si riversano direttamente sulle persone. e sulla loro capacità di "concepire" emozioni, pensieri e soluzioni. Attorno allo squallore e alla reazione paranoide degli occidentali costretti a convivere in un crogiolo di incomprensibile e immutabile (la Cambogia e le sue burocrazie, la sua etica-estetica troppo differente) ecco pallidi richiami alla bellezza. dei luoghi, degli esseri umani appena venuti al mondo e dei loro occhi spalancati e molli, nei quali si tenta di incidere l'apatia e l'inespressione. Senza successo, perchè quelli rimangono lì, fissi al centro dello schermo, molli e profondi come voragini.
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