Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film
LE ASTRAZIONI DEL DIRITTO---Scriveva uno dei padri ispiratori del diritto romano, Cicerone:” Una delle cose più assurde è poi quella di considerare giusti tutti i principi sanciti nelle istituzioni e nelle leggi dei popoli” individuando piuttosto nella nostra naturale inclinazione ad amare gli uomini i fondamenti del diritto. Sante parole in teoria! Nella prassi quotidiana chi legifera o formula regolamenti, chiamato a riassumere in normative e codici le molte sfaccettature di vaste problematiche, non vuole o non può attenersi a principi astratti e quindi universalmente validi. L’inadeguatezza del diritto rispetto alla realtà concreta di criminali di piccolo calibro e poliziotti era il motivo di “Legge 627”, un film di Tavernier del 1997, e la sua ultima fatica “La piccola Lola” cronometra il calvario umiliante imposto a coppie europee da norme e accordi internazionali volti a tutelare minori e orfani del terzo mondo nei casi di adozione. La passione della denuncia determina nel regista francese, come in altri campioni del cinema europeo, la fedeltà ai canoni del neo realismo: fotografia d’ambiente, stile oggettivo e impersonale da documento, esemplarità delle situazione e dei personaggi, analisi delle cause, indignazione morale implicita nella gerarchia tematica, esclusione del lirismo e della spettacolarità. Non era facile però comprimere in una sintesi convincente una materia adatta piuttosto a costituire un dossier per un’inchiesta televisiva o giornalistica: la difficoltà più evidente era inserire la descrizione di un Paese del Terzo Mondo, La Cambogia, nel racconto-cronaca dell’odissea soprattutto psicologica di una giovane coppia francese disposta a sacrifici di ogni genere per avere un figlio adottivo. Il Rossellini di “Stromboli terra di Dio” ha forse suggerito all’autore la strada giusta. Nel caratterizzare il paese asiatico Tavernier assume la prospettiva dei suoi protagonisti europei, evitando rigorosamente il facile colore e l’esotismo ipocritamente rispettoso: strade disastrate, piogge monsoniche, cucina piccante, corruzione spicciola, motorette e caos, città sovrappopolate, il fastidio continuo delle punture degli insetti, complicazioni burocratiche illogiche. Di fronte a un Paese sconosciuto, il lungometraggio non ha la presunzione di fornirne un’immagine esauriente e tanto meno di esplicitare giudizi ma conserva un onesto riserbo, scevro da qualsiasi pietismo, limitandosi a mostrare, in sequenze assimilabili a ripetuti scatti fotografici sugli stessi luoghi, ciò che colpisce un visitatore straniero. Un universo incomprensibile e assurdo dunque in cui si trovano catapultati i due coniugi e altri come loro chiusi in un albergo fra attese, rinvii e speranze. Quali sono le loro ragioni? La pellicola indaga con pudore sul bisogno di essere madri: la perdita precoce di una persona cara, le mortificazioni subite a causa dell’insensibilità dei medici, un benessere materiale inappagante, determinano un senso di vuoto che ciascuno ha diritto di colmare come può, pagando il neonato “merce “anche con il proprio senso di colpa. In opere come “La piccola Lola” l’urgenza dei contenuti reprime inevitabilmente l’elaborazione artistica/autoriale, resta però ammirevole, in tanto pontificare di politici ed esperti su questioni analoghe, la profondità di sguardo.
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