Regia di Louis Leterrier vedi scheda film
Da quando non fa più il regista, Luc Besson è diventato il nemico pubblico numero uno del cinema pensante. Però con le sue produzioni continua a fare un mucchio di soldi, ed è il solo “cineasta” europeo in grado di tenere testa agli americani, su tutti i fronti. Qualche volta, poi, gli può capitare la scintilla, l’idea buona. Era già successo con Kiss of the Dragon, da lui anche scritto, diretto da un anonimo mestierante della sua schiera di registi pubblicitari e di videoclip. Gli ricapita oggi con Danny the Dog. L’idea buona è quella della storia: un uomo cresciuto come un pit bull risponde al più semplice degli impulsi del padrone, lo sganciamento del collare e le parole «attacca» oppure «uccidi». L’uomo-cane in questione, Jet Li, quando conosce l’accordatore cieco Morgan Freeman e la sua figlioccia musicista, una sorta di Heidi scozzese, assapora l’alternativa alla vita da randagio e quindi cambia pelle umanizzandosi. Il film è divertente, non banale, con dialoghi pietosi (perché a Besson riescono i soggetti, meno le sceneggiature) e combattimenti all’altezza della bravura di Jet Li, che comincia a non essere più giovanissimo e la butta più sulla recitazione pura. Guadagnandoci. Il côté iconografico del film è da gangster movie stile Snatch (siamo però a Glasgow anziché Londra), e il buon Bob Hoskins, che non nasconde di avere in gioventù frequentato davvero i bassifondi, fa la sua porca figura. Freeman invece ce la mette tutta, ma siamo troppo abituati a vederlo in altri contesti perché risulti credibile in un action movie puro.
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