Regia di Gregg Araki vedi scheda film
Ne è passata di acqua sotto i ponti, dai tempi del New Queer Cinema, se adesso anche Gregg Araki si lascia convincere da una vicenda colpevolistica e punitiva. Peccato, proprio lui che è stato uno dei portabandiera della queerness da schiaffo in faccia alla correttezza politica. In questa storia di un giovane marchettaro e di un ragazzo ufologo che da bambino si è intrattenuto sessualmente col maestro di baseball, non possiamo accettare una soluzione consolatoria contro le brutture degli adulti (il finale sul divano), o una fuga – perché? verso cosa? - da cinemino indipendente moralistico come quella che chiude la scena del malato di Aids. Araki ci ha sempre insegnato che buona parte delle convinzioni tradizionalistiche sono solo retorica culturale, aria fritta per i denti. Anche il bambino ricerca il piacere, come giustamente ci fa vedere tutta la prima parte di Mysterious Skin, e dunque stride alquanto come in seguito la sceneggiatura decide di risolvere ogni specificità. Al di là di gusti o scelte (il problema non cambierebbe se si trattasse di etero o lesbo o chicchessia). Poi, certo, il regista è ancora uno che sa costruire momenti folgoranti (l’inizio con i cereali); ma è l’immaginario di Mysterious Skin che delude, non la sua messinscena. Ecstasy Generation era molto più duro sull’amore, il sesso, l’adolescenza, la solitudine, la ricerca di un altrove, e senza tentare di confortare nessuno.
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