Regia di Daniele Costantini vedi scheda film
Tra libri e film (quello di Placido Romanzo criminale avrà anche una versione lunga per la Tv) spopola la Banda della Magliana. Costantini sceglie una strada originale per raccontare le gesta dei più feroci gangster romani. Quelli vivi e quelli morti si ritrovano davanti a un giudice, nel salone di un carcere, e raccontano la loro storia guardando in macchina. L’errore sta nell’utilizzare lo stesso procedimento anche quando scattano i flashback narrativi. Dovrebbero essere fluidi e dare illusione di realtà, invece vengono lo stesso spezzettati da interpellanze e straniamenti teatrali. Nonostante qualche pesantezza, però, quello di Costantini è un film interessante soprattutto dal punto di vista del linguaggio. I personaggi parlano un romanesco esagerato, enfatico, iperrealista. Una sorta di “argot” come quello che Le Breton e Simonin si inventarono per il milieu criminale francese degli anni ‘50. Un superamento della lingua “di vita e di strada” di pasoliniana memoria. Tra gli attori, anche alcuni detenuti di Rebibbia. Tutti molto bravi.
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